“A quiet passion”: un biopic che sa far pensare ma anche divertire

Terence Davies dirige un ritratto riuscito e tutto sommato brillante della poetessa Emily Dickinson

Un film di Terence Davies. Con Cynthia Nixon, Jennifer Ehle, Keith Carradine, Catherine Bailey, Jodhi May. Biografico, 126′. Gran Bretagna, Beglio, USA, 2016

Nata nel 1803 ad Ambers nel Massachusetts. Mentre studia alle scuole superiori decide di allontanarsi dal College di Mount Holyoke per non doversi professare cristiana. Da quel momento vivrà nella casa paterna riducendo sempre più le frequentazioni del mondo esterno e dedicandosi alla scrittura e in particolare alla poesia. Alcune sue opere vengono pubblicate mentre è ancora in vita anche se l’editore le rimaneggia per farle aderire ai canoni che ritiene più appetibili per i lettori.

 

Ho avuto la possibilità di assistere alla proiezione del film “A quiet passion”, scritto e diretto da Terence Davies, durante il TFF del 2016. Quasi due anni dopo, il biopic arriva nelle sale.

Leggendo la sinossi, dove si parla della messa in evidenza dei lati più intimi e meno noti della personalità della poetessa e scrittrice americana Emily Dickinson, confesso di aver avuto un momento di smarrimento. Non conoscendo l’autrice non sapevo bene cosa aspettarmi.

Ebbene, la prima parte del film scorre in maniera piacevole, con il racconto delle gesta della giovane Emily che, messa di fronte a un bivio religioso-sociale nel college femminile di Mount Holyoke, decise di abbandonare gli studi e tornare a casa per evitare di professarsi cristiana seguendo la moda dell’epoca.

Lo spettatore non può non apprezzare la personalità e risolutezza della ragazza e il modo in cui affrontò le conseguenze della sua decisione. Se oggi professarsi ateo è relativamente semplice, ai tempi della Dickinson non era così.

La scelta di Davies di mostrare le dinamiche interne alla famiglia Dickinson, estremamente religiosa e tradizionalista, è interessante e coinvolgente anche nella messa in scena. Emerge in modo chiaro, ad esempio, il rapporto tra Emily e i due fratelli e quanto la poetessa fosse legata anche ai genitori.

Il problema è che partendo da un presupposto interessante, originale e inizialmente ben strutturato, e avvalendosi di dialoghi anche brillanti e di un buon cast, Terence Davies perde poi il controllo del film sia dal punto registico che narrativo.

La seconda parte è priva di smalto ed efficacia e la protagonista finisce per risultare una via di mezzo tra una nevrotica e un’estremista laica, caricata eccessivamente nei toni e nella rappresentazione. Il regista sciupa quanto di buono fatto prima, costringendo lo spettatore a una lenta agonia.

Se lo scopo era quello di invogliare un diversamente ignorante a leggere i versi di Emily Dickinson possiamo dire che la missione è riuscita solo parzialmente.

 

Il biglietto da acquistare per “A quiet passion” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio (con riserva). Ridotto. Sempre.

 

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