“Agadah”: un film d’avventura poliedrico e multiforme

Adattamento ambizioso ma con dei limiti del "Manoscritto trovato a Saragozza" di Jan Potocki

Un film di Alberto Rondalli. Con Nahuel Pérez Biscayart, Pilar López de Ayala, Jordi Mollà, Caterina Murino, Alessandro Haber. Avventura, 126′. Italia, 2017

Liberamente ispirato al romanzo “Manoscritto trovato a Saragozza” di Jan Potocki

Data di uscita italiana: 16 novembre 2017

Il capitano delle guardie vallone Alfonso van Worden intraprende un viaggio iniziatico che durerà dieci giorni e che lo porterà a incontrare innumerevoli personaggi – due cugine musulmane, un eremita, un inquisitore, un fratello e una sorella cabalisti, un gruppo di gitani, un matematico, scheletri e fantasmi, spose celesti ed ebrei erranti, demoni e dioscuri – che a loro volta hanno infinite storie da raccontare, ognuna delle quali apre la porta a ulteriori livelli di conoscenza, così come a ulteriori piani di narrazione.

 

Alberto Rondalli aveva un tale desiderio di far conoscere al pubblico diversamente ignorante il talento e la creatività dello scrittore Jan Potocki da rischiare la propria carriera per mettere in scena la trasposizione cinematografica del “Manoscritto trovato a Saragozza”, “Agadah”.

Inutile sottolineare, caro lettore, che per me lo scrittore era fino a ieri un completo sconosciuto. Leggendo la corposa cartella stampa e spulciando sul web ho avuto modo di colmare, almeno in parte, questa mia lacuna scoprendo come il romanzo in questione sia universalmente definito, da lettori e critici, una pietra miliare del genere fantasy.

Rondalli ha affrontato una sfida artistica, drammaturgica e registica davvero ambiziosa e complessa provando ad adattare per il grande schermo un testo tanto ricco di citazioni, spunti e fascino. Diciamo subito che, nonostante le potenzialità, il risultato non è pienamente soddisfacente.

Lo spettatore assiste a dieci episodi, che in apparenza si verificano nei dieci giorni del viaggio del capitano Alfonso van Worden (Pérez Biscayart), ma in realtà, come si scopre solo alla fine, in questa storia il tempo e lo spazio non hanno sempre lo stesso valore.

Il giovane e irruente protagonista incarna pregi e difetti delle nuove generazioni: l’attrazione per le comodità e il lusso, la volontà feroce di raggiungere i propri obiettivi, l’orgoglio per la propria identità.

Per quanto il racconto per parole e immagini scorra in modo non sempre fluido e armonioso riesce comunque a incuriosire il pubblico. Magia nero, mistero, amore, lussuria, paura e coraggio sono messi in scena da un cast di buon livello.

“Agadah”, rispetto alla media del cinema italiano di questi anni, è sicuramente originale, per quanto presenti evidenti limiti strutturali, tecnici e registici che gli impediscono di compiere il salto di qualità.

Probabilmente chi conosce il romanzo di Jan Potocki lo apprezzerà maggiormente, per i neofiti sarà più arduo cogliere appieno l’essenza di questo film, ma è una sfida intellettuale e cinematografica che merita di sicuro di essere raccolta.

 

Il biglietto da acquistare per “Agadah” è:
Nemmeno regalato. Omaggio
(con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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