Al cinema: Le leggi del desiderio

Un film di Silvio Muccino. Con Silvio Muccino, Nicole Grimaudo, Maurizio Mattioli, Carla Signoris, Luca Ward. Commedia, 105′. 2015

 

La vita di ognuno di noi è fatta di sacrifici, quotidianità, bollette da pagare, lavoro e delusioni, ma nonostante questo non possiamo fare a meno di sognare e di covare dentro di noi desideri e aspirazioni. Cosa saremmo, in fondo, senza tutto questo?

Molto spesso, però, non siamo neanche capaci di pronunciarli ad alta voce, questi desideri, figurarsi di realizzarli. Cosi come a scuola e nello sport abbiamo bisogno di un maestro, di un allenatore, di un preparatore che faccia uscire il meglio delle nostre capacità mentali e fisiche, ecco che dagli Stati Uniti si sta diffondendo anche in Italia la figura del “life coach”, un vero e proprio motivatore, capace di tirare fuori il meglio dalle persone. Il suo compito è quello di leggere l’animo di chi richiede il suo aiuto, e capire di volta in volta ciò che serve per far diventare ogni anima migliore. Sottospecie di psicologi oppure semplici imbroglioni?

È più o meno questa la domanda che lo spettatore si pone fin dalla prima apparizione in scena, in tutto il suo aggressivo splendore, di Giovanni Canton (Muccino), giovane e determinato guru di un diverso approccio alla vita, che ha riscosso un grande successo, tanto da fare del suo libro un best-seller.

Canton e il suo avido editore, Paolo Rubens (Ward), per dimostrare l’efficacia delle idee esposte nel libro, decidono di indire un concorso attraverso il quale saranno scelte tre persone qualunque – meglio se frustrate e per certi versi sfigate -, che in soli sei mesi verranno trasformate in soggetti realizzati e determinati, naturalmente utilizzando i metodi del guru.

Per Giovanni Canton sono i desideri a muovere e a cambiare una persona, così dopo una variegata selezione sceglie come “cavie” Luciana (Signoris), in apparenza tranquilla madre di famiglia, in realtà talentuosa scrittrice di libri erotici, Ernesto (Mattioli), disoccupato sessantenne che non vuole arrendersi alla pensione e cerca disperatamente di riciclarsi, e Matilde (Grimaudo), giovane e dolce editor nonché amante segreta di Rubens da due anni, che coltiva invece il sogno di costruirsi una famiglia.

Inizia così la sfida del life coach: plasmare questi tre individui secondo i suoi dettami e trasformarli in persone vincenti, capaci di realizzare i propri desideri. Ma nonostante l’impegno e gli sforzi di Canton, la realtà e i problemi dei tre si scontrano con il suo ottimismo e idealismo… Alla fine sarà proprio lui a cambiare, grazie al confronto con la vita e le sue sfumature.

Nel corso della pellicola, lo spettatore segue con simpatia i goffi tentativi di Ernesto di trovare un nuovo lavoro e di nascondere i problemi economici all’amata moglie, sospira con Luciana, una donna imprigionata in una vita prevedibile, si emoziona con Matilde, una ragazza che ancora crede nel principe azzurro.

Il limite più evidente del film sta proprio nella sceneggiatura che, pur partendo da un’idea interessante (quella di raccontare la nuova figura del “life coach”, in rapida ascesa anche in Italia), diventa nello svolgimento poco incisiva e prevedibile. Gli autori tratteggiano una moda e un modo di pensare che a ben vedere sono tipicamente americani, e l’adattamento alla realtà nostrana finisce per far perdere forza alla narrazione. Tutto si risolve in una storia che è qualcosa a metà strada tra melodramma e commedia, senza particolari peculiarità e pregi.

Un testo che, anche se ben scritto e fluido, raramente emoziona lo spettatore, facendo pensare anzi a qualcosa di troppo costruito, di fasullo. La struttura narrativa semplice e lineare non convince, si sente la mancanza di un’idea forte che faccia fare il salto di qualità al testo e ai dialoghi, troppo prevedibili e ordinari.

La terza regia di Silvio Muccino è di taglio prevalentemente televisiva, pulita, asciutta e soprattutto attenta a valorizzare il talento degli attori del cast. Sono loro, non la storia nel complesso, il vero fulcro della pellicola.

Il film ha un ritmo irregolare: inizialmente avvolgente e vibrante, scende poi di tono e perde di vivacità, soprattutto nel finale. Ciò che ne risente è soprattutto il pathos narrativo. Interessante e di pregevole fattura è invece la fotografia

Maurizio Mattioli e Carla Signoris sono la conferma che la” vecchia guardia”, quando si parla di cinema italiano, non delude mai. I due riescono infatti a regalare allo spettatore una completa gamma di emozioni, alternando nello stesso film e con talento comicità e malinconia, e risultando sempre credibili nei rispettivi ruoli.

Un grandino sotto la performance di Nicole Grimaudo, comunque meritevole di menzione per come riesce a dare sostanza e anima al suo personaggio senza cadere in un eccessivo buonismo da favola e confermandosi una giovane donna di talento oltre che di riconosciuta bellezza.

La coppia con Muccino nel complesso funziona e piace, anche se forse, un film dopo l’altro, nella parte di attore Silvio convince meno che in quella di regista.

Piacciono ed emozionano di più i due pre-finali con coprotagonisti Ernesto e Luciana che quello vero, più prevedibile e favolistico, con la giovane coppia.

Comunque alla fine lo spettatore non può non sorride pensando che, dopo tutto, il più grande desiderio di ognuno di noi non è altro che trovare qualcuno da amare.

 

Il biglietto d’acquistare per “Le leggi dl desiderio” : 1)Neanche regalato 2)Omaggio 3)Di pomeriggio 4)Ridotto 5) Sempre


 

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