Al cinema: Luce mia

Un documentario scritto e diretto da Lucio Viglierchio, presentato al Torino Film Festival nella sezione “Festa Mobile”

Luce mia, documentario

La malattia, il dolore, la sofferenza sono tematiche poco commerciali e lo spettatore tende spesso a cambiare canale quando vede sullo schermo una persona malata.

Se in Tv spopolano i medical drama e le serie come “Braccialetti rossi” si tratta comunque per la maggior parte di format dove, alla fine, bellezza e salute hanno la meglio sul resto. Peccato che la realtà ospedaliera sia un’altra e che quando una persona diventa paziente, entrando nel girone dantesco dei malattia, tutta la sua vita venga stravolta.

Lucio Viglierchio, prima di essere un regista esordiente è un sopravvissuto o se preferite una persona che ha avuto l’opportunità di ottenere il biglietto di ritorno dall’inferno in Terra che si chiama cancro.

Un giorno come tanti, nel 2010, a Lucio è diagnosticata la leucemia mieloide acuta e immediatamente viene sottoposto a duri cicli di chemioterapia e soprattutto a un duro isolamento. Per lui è l’inizio di un calvario lungo anno alla fine del quale la malattia entra in fase remissiva. Attenzione, però, remissione non è sinonimo di guarigione. Perché il cancro è una bestia dormiente, che può risvegliasi in qualsiasi momento.

Lucio prova la gioia di diventare padre di una bellissima bambina, ma questo non basta per sentirsi di nuovo parte integrante di ciò che lo circonda. Lucio sente che c’è una distanza esistenziale ed emotiva che lo separa dai suoi affetti. È un po’ come se ci fosse un prima e un dopo la malattia, e per questo decide di tornare in ospedale, di ripercorrere i corridoi del reparto per iniziare un suo personale percorso terapeutico e ridurre in qualche modo la distanza tra il sé di oggi e quello del passato e soprattutto vincere la paura.

Durante questa ricerca di un nuovo equilibrio esistenziale, Lucio conosce Sabrina, una donna malata di leucemia, senza figli. In lei Lucio vede se stesso allo specchio, e per questo decide di accompagnarla nel suo viaggio fatto di chemio, speranze, illusioni e paure.

Luce mia è una storia vera, cruda, intensa, che tocca fin dalle prime sequenze le corde più intime dello spettatore, anche del più cinico. Non si può non provare empatia per Sabrina e tifare per lei.

Sabrina non è un’attrice di professione, eppure davanti alla telecamera sembra a suo agio. I suoi sorrisi tristi e i suoi occhi speranzosi e nello stesso tempo melanconici colpiscono e scuotono.

Un viaggio all’interno di un reparto oncologico, osservare in maniera asciutta e diretta cosa significa essere malati può diventare un pugno nello stomaco. Eppure Lucio è bravo a raccontare la sua esperienza e soprattutto quella di Sabrina senza mai cadere nel pietismo e nel retorico.

Sabrina non è un’eroina, bensì una ragazza normale che ha lottato con tutte le proprie forze per continuare a vivere. Lo spettatore attende trepidante con lei il giorno del trapianto di midollo, e si dispera quando, pochi mesi dopo, il male torna a palesarsi.

Sabrina è stata una combattente fino alla fine: poche settimane prima della sua tragica scomparsa ha invitato il suo amico Lucio a completare in ogni caso il loro film, perché poteva essere non tanto un modo per commemorarla ma un segno di speranza e coraggio per altri.

Alla fine Lucio ha vinto le sue paure ed è tornato a vivere grazie all’esempio e all’amicizia di Sabrina, che dopo aver visto questo film non potrà non essere anche un po’ amica vostra.

 

Il biglietto d’acquistare per “ Luce Mia” è 1)Neanche regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio; 4)Ridotto; 5)Sempre.


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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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