Al cinema: Magic island

di Luciaconcetta Vincelli

 

Un film di Marco Amenta. Documentario, 70′. 2015

Potrà sembrare paradossale, il nuovo film-documentario di Marco Amenta “Magic Island”. L’occhio sapiente della telecamera scruta infatti la verità nell’intimo, offrendo slancio per affrontare la realtà complessa. Il cinema non ha più nulla a che vedere con la finzione, anzi compie gesta concrete nella quotidianità.

Amenta, nato come fotoreporter per “Il Giornale di Sicilia”, si è poi specializzato in Francia. “Magic Island”, vincitore di diversi premi internazionali, è stato presentato il 6 agosto come finalista, sezione “Frontiere”, al festival Molise Cinema di Casacalenda (CB), cittadina che ha ricevuto l’ammirazione del critico d’arte Bonito Oliva per il suo fermento culturale.

Tutto parte dalla scomparsa dell’attore Vincent Schiavelli e da una richiesta su Facebook. Andrea Schiavelli, musicista, assente alla morte del padre, chiede al regista di accompagnarlo da New York, dove vive da sempre, a Polizzi, in Sicilia sulle orme del genitore scomparso.

“È stata una scommessa registrare ogni momento del viaggio fino all’incontro con la famiglia italiana – ammette Amenta. – Sono servite ore di riprese per catturare le azioni e le emozioni assolutamente spontanee di Andrea”.

Un intento originale, il suo, realizzato eccellentemente anche nella componente più consequenziale e contingente. Da Vincent, il protagonista del film diviene rapidamente Andrea stesso, di cui possiamo percepire le vibrazioni emotive, rese tangibili anche dalla musica. Una colonna sonora che resta sempre al proprio posto, in simbiosi con la narrazione e con il personaggio che l’hanno creata.

Grazie al montaggio (che Amenta ha affidato integralmente ad Andrea Facchini per “lasciarsi sorprendere” da chi, esterno alle riprese, poteva enfatizzare aspetti nascosti), le scene generano un crogiolo di dolore, ironia, gioia e senso umano del mondo e della propria storia, tradotto in piccole felicità campestri, autentico contatto con la natura, nell’ambientazione altalenante tra America e Sicilia, equilibrata dalle proprietà curative del mare.

Il tutto mescolato all’engagement tipico del regista di “Born in Bosnia” e del più recente “Diario di una siciliana ribelle”. Questa volta si tratta di un impegno atipico per Amenta: credendo di raccontare la Sicilia bella, la Sicilia dei migranti, aiuta Andrea, che trova nella telecamera un appiglio per guarire dalle sue paure e dai suoi rimpianti.

Osservando la fotografia, che delicatamente indaga senza invadere, alcuni psicologi hanno definito “Magic Island” una terapia indiretta, un sostegno per una giusta elaborazione del lutto. Pensiamo ad esempio alla scena nella quale Andrea visita, per la prima volta in dieci anni, la tomba del padre, e Amenta resta lì, con il suo sguardo, a registrare. Momenti realmente strazianti che portano lo spettatore a immedesimarsi nel regista, e viceversa. Chi guarda e chi riprende prova una sorta di imbarazzo nell’invadere uno spazio così personale.

E tuttavia Andrea Schiavelli autorizza anche questo, perché, come specifica Amenta, “ha completamente dimenticato la telecamera” per concentrarsi invece sulla ricerca di se stesso, scandita, nel film, da passaggi repentini di linguaggio (inglese, italiano, dialetto, musica).

Oggi Andrea ha scoperto finalmente chi è, grazie alle canzoni che questa esperienza di ricerca ha suscitato, musiche che, scorrendo insieme ai titoli di coda, si rivelano impregnate dei suoni genuini e delle note ancestrali della Sicilia, isola magica e salvifica.





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