Al cinema: The assassin

Un film di Hou Hsiao-Hsien. Con Satoshi Tsumabuki, Chen Chang, Qi Shu, Shao-Huai Chang, Nikki Hsin-Ying Hsieh. Azione, 120′. 2015

The assassin, 2015, locandina

Nessuno è perfetto, ed è giusto sappiate che anche il vostro cronista ha un tallone d’Achille cinematografico. Invitatemi a qualsiasi tipo di proiezione, magari mi addormenterò, ma comunque farà atto di presenza. Ma la mia bulimia sventola bandiera bianca davanti ai film orientali.

Provengano questi dalla Corea, dalla Cina o dal Giappone, da parte mia c’è sempre una sorta di muro. Pur riconoscendo un valore e un talento di primo livello a certi registi e a certe storie, è un tipo di filmografia che non riesce proprio a catturarmi e coinvolgermi. Gli orientali che fanno cinema risultano sempre troppo spirituali ed esotici per chi, come il sottoscritto, ama nutrirsi di pane e salame.

Così quando la mia caporedattrice ha indicato tra i film da recensire per il TFF anche “The Assassassin” del regista cinese Hou Hsiao Hsien confesso di aver fatto un lungo sospiro di rassegnazione. Ma, preferenze personali a parte, da bravo redattore semplice mi sono seduto comunque in sala e ho incrociato le dita, sperando che il caro Morfeo non fosse in vena di scherzi.

“The Assassin” è stato presentato già lo scorso maggio a Cannes, dove ha vinto la Palma d’oro per la migliore regia. Per i puristi della settima arte già questo dovrebbe essere garanzia di qualità. L’ho detto, per i puristi, ma non per me.

Il film è sicuramente molto bello e interessante dal punto di vista visivo, grazie ai fastosi ed eleganti costumi, alle ricche scenografie e alle accurate ricostruzioni d’interni. Lo spettatore viene trasportato di peso nella Cina Imperiale, a tu per tu con i personaggi.

Eppure questa fedeltà nella ricostruzione storica non basta per rendere un film accessibile alla massa. Sebbene l’intreccio narrativo sia abbastanza semplice, anche se articolato in differenti sotto-storie, ha il limite di scorrere poco. Non c’è una sequenza ritmata di scene, bensì delle sequenze isolate o, se preferite, degli affreschi di un’epoca.

La regia è sicuramente di talento, creativa ed esperta nel tenere unite le diverse anime del film e nel costruire un prodotto di ampio respiro.

Ma anche se si tratta di una storia di cappa e spada, dove i duelli sono sicuramente d’effetto e scenografici, tutto rimane statico e poco coinvolgente dal punto di vista emotivo.

I dialoghi sono ridotti all’osso, in teoria dovrebbero bastare le immagini a dare alla vicenda forza e profondità narrativa. Ma la storia della giovane Yang, tornata a casa per vendicarsi, non convince fino in fondo.

La Cina e le arti marziali hanno sempre un loro fascino, la filosofia orientale e il codice d’onore dei ninja incuriosiscono, ma l’andamento orientale della pellicola impedisce al pubblico di non intenditori di apprezzare “The assassin” fino in fondo.

 

Il biglietto d’acquistare per “The assassin”: 1)Nemmeno regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio; 4)Ridotto; 5)Sempre.


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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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