Al cinema: The hateful eight

Un film di Quentin Tarantino. Con Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Walton Goggins, Demiàn Bichir, Tim Roth, Michael Madsen, Bruce Dern, Channing Tatum, James Parks. Western, 167′. 2015

the hateful eight, locandina

Un pomeriggio come tanti i registi Quentin Tarantino e Alejandro González Iñárritu si incontrano in un bar per discutere di cinema e vita davanti a un caffè caldo, alla vigilia del primo ciak dei loro film, “The hateful eight” e “The revenant”. I due hanno visioni del mondo differenti, culture cinematografiche differenti. La discussione è animata. Al momento dei saluti i registi si sfidano amichevolmente a dimostrare l’uno all’altro la validità delle proprie idee.

Vi sembra una storia assurda? Forse, ma dopo aver visto l’ottavo film di Quentin Tarantino, non potrete non considerarla un po’ più probabile.

The hateful eight” è in qualche mondo il rovescio della medaglia di “The revenant”: in entrambe le pellicole i registi mostrano come il sentimento di vendetta si mescoli spesso col desiderio di giustizia, solo che il messicano vola su un piano spirituale ed etico, mentre lo statunitense, come sempre, punta al soldo, volendo mettere in evidenza la brutalità e avidità dell’uomo.

Mi piace pensare che Tarantino, mentre stava scrivendo la sceneggiatura di questo film, si sia preso del tempo per rileggere il capolavoro di Agatha ChristieDieci piccoli indiani”. Le similitudini narrative tra le due opere sono evidenti, così come gli omaggi al testo dell’autrice inglese – pur restando riconoscibilissimo il marchio di fabbrica di Quentin.

“The hateful eight” è strutturato come una pièce teatrale in due atti, ambientata negli Stati Uniti, più precisamente nel Wyoming, pochi anni dopo la fine della guerra civile.

Quentin Tarantino

Come in “The revenant” anche Tarantino sceglie un’ambientazione naturale e gelida, dove i protagonisti sono costretti a subire la volontà di madre Natura. Se però nel film di Iñárritu sono gli spazi larghi e sconfinati a farla da padroni, in questo western sui generis gli otto, detestabili, personaggi sono costretti da una bufera di neve a convivere in un cottage.

Chi sono queste otto persone, sette uomini e una donna? Apparentemente si tratta dei due cacciatori di taglie, John Ruth (Russell) e il maggiore di colore Maqrquis Warren (Jackson), il boia professionista Oswaldo Mobray (Roth), Joe Gage (Madsen), lo sceriffo ex sudista rinnegato Chris Mannix (Goggins), Bob “Il Messicano” (Bichir), il generale sudista Sanford Smithers (Dern) e la ricercata Daisy Domergue (Leigh).

Nel primo atto dialoghi serrati dominano la scena, con i personaggi che si accusano a vicenda e si studiano, preoccupati di poter essere caduti in una trappola. Un diluvio di parole si abbatte sullo spettatore, quasi stordito da questa esasperante staticità pensata da Tarantino per creare un’atmosfera d’attesa e di preparazione al colpo di scena.

Colpo di scena che, in perfetto stile dramma teatrale, arriva alla fine del primo atto, con un’improvvisa accelerazione della storia che porta al cambiamento della natura stessa del film.

Nel primo atto Tarantino gioca a non essere se stesso, volendo forse dimostrare alla critica la sua capacità di fare film pacati, eleganti e manieristici, dando spazio alla parola e a dei dialoghi ricchi di spunti di riflessione sull’uomo e sull’idea di giustizia, spiazzando il pubblico con un ritmo assai poco tarantiano e con una regia teatrale, costruita sugli sguardi degli attori, sui silenzi e su atmosfera quasi claustrofobica.

the hateful eight, personaggi

Nel secondo atto, invece, il regista decide di tornare alle origini e riproporre lo schema già visto nelle “Iene”, ovvero tutti contro tutti, puntando su scene forti, brutali, splatter e passando dal teatro al cinema che l’ha reso famoso. Un cambio registico che risolleva il film da una palude narrativa e ritmica, portando il pubblico a seguire la storia con maggiore interesse e soprattutto da una diversa e particolare prospettiva.

La colonna sonora di Ennio Morricone, premiata agli ultimi Golden Globe, non solo è raffinata e accattivante, ma è parte integrante del racconto, accompagnando e scandendo i momenti cruciali della storia.

Jennifer Jason Leigh, nominata agli Oscar come migliore attrice non protagonista, esce alla distanza e nella seconda parte del film prende il centro della scena con una performance di assoluta intensità e personalità, apparendo come una versione in stile tarantino di “Carrie, lo sguardo di Satana”.

Merita una menzione anche Bruce Dern nel ruolo del vecchio generale: la sua scena drammatica e intensa con Samuel L. Jackson alla fine del primo atto, non solo segna il punto di svolta della storia, ma è probabilmente la migliore sequenza del film dal punto di vista narrativo e simbolico.

Il finale, cupo e drammatico, conferma il pensiero pessimista e cinico di Quentin Tarantino sull’uomo, incapace di governare i propri istinti brutali che finiscono quasi sempre per portarlo a una fine tanto tragica quanto inevitabile.

 

Il biglietto da acquistare per “The hateful eight” è: 1)Neanche regalato; 2)Omaggio; 3)Di pomeriggio; 4)Ridotto; 5)Sempre.





Previous articleAl cinema: Good kill
Next articleIntervista all’autrice Gilda Di Nardo
Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here