Al cinema: Tokyo love hotel

Un film di Ryuichi Hiroki. Con Shôta Sometani, Atsuko Maeda, Roy 5tion, Asuka Hinoi, Aoba Kawai. Drammatico, 135’. 2014

love hotel, giappone

Noi europei siamo abituati a pensare che la città del sesso e della droga liberi per eccellenza sia Amsterdam. In realtà, dopo aver visto “Tokyo love hotel” di *** potreste essere costretti a rivedere le vostre opinioni.

Sì, cari lettori e cinemaniaci: la capitale nipponica, oltre a essere una metropoli frenetica e iper-tecnologica, è anche un luogo dove il sesso non è un tabù. I giapponesi amano fare sesso e nella loro efficienza hanno pensato a degli hotel appositi, dove è possibile incontrarsi non solo tra amanti, ma anche, senza vergogna, tra clienti ed escort.

Se avete tendenze pudiche o bigotte state alla larga, perché quello che il regista Ryuichi sceglie di mostrare al pubblico, seppure con un certo garbo, è un lato della società giapponese piuttosto esplicito e crudo.

La pellicola si articola in cinque storie di altrettante coppie in apparenza molto diverse l’una dalle altre, accomunate però dal fatto di ritrovarsi, durante l’arco di ventiquattro ore, all’interno dello squallido hotel Atlas, nel quartiere a luci rosse di Kabbukicho a Tokyo.

A dirigere la struttura è Toru, giovane malinconico con il sogno di lavorare in un albergo a cinque stelle. È attraverso i suoi occhi stralunati che osserviamo il via vai dei personaggi che decidono di trascorrere qualche ora di passione e d’intimità.

Tokyo love hotel

Davanti alla reception sfilano una coppia di poliziotti, amanti clandestini, una troupe di film porno, una escort coreana pronta a tornare a casa e cambiare vita, un’inserviente dal passato misterioso. Il sesso è solo una scusa per gli sceneggiatori per scandagliare le anime sole e tristi dei personaggi.

La scelta di mostrare una Tokyo buia, trasandata, lontana da come la immaginiamo in parte incuriosisce lo spettatore, portandolo a seguire con partecipazione le dinamiche interne alle cinque coppie. L’intreccio narrativo, però, è davvero troppo diluito e lento nella messa in scena, finendo per far perdere incisività e brillantezza alla storia.

L’intento del regista di costruire una commedia sul sesso e sui rapporti di coppia dal sapore agrodolce, insomma, è riuscito solo in parte.

Trattandosi di un film corale non è semplice neppure individuare un attore o un attrice che si siano particolarmente messi in luce, anche se tutti i personaggi risultano credibili e ben sviluppati.

Il finale, positivo e nello stesso tempo melanconico, conferma allo spettatore che, senza un vero sentimento alla base, il sesso non porta quasi mai la felicità. Almeno non in modo duraturo.

 

Il biglietto da acquistare per “Tokyo love Hotel” è: 1)Neanche regalato; 2)Omaggio (con riserva); 3)Di pomeriggio; 4)Ridotto; 5)Sempre.





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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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