“Alaska”: un film libero, caotico, apertamente romanzesco

Elio Germano e Astrid Begèes Frisbey in una storia d'amore contorta e piuttosto difficile da seguire

Un film di Claudio Cupellini. Con Elio Germano, Astrid Begèes Frisbey, Valerio Binasco, Elena Radonicich, Marco D’Amore, Paolo Pierobon. Drammatico, 125′. Italia, Francia, 2015

Fausto lavora in un hotel e sogna di diventare maître, Nadine si presta controvoglia ad un provino per modelle. I due si incontrano su un tetto di Parigi e vivono subito dopo la prima di molte disavventure che li porteranno tra la galera e l’ospedale, tra la ricchezza e l’estrema indigenza, tra Francia e Italia flirtando con il crimine come fosse niente e rovinando vite altrui. Tutto per inseguirsi come non avessero altri al mondo. E forse davvero non ne hanno.

 

Ci sono film di cui comprendi l’essenza al primo fotogramma. Per altri serve una seconda visione. Altri ancora sono talmente criptici che rinunci a trovare loro un significato, ma ne ammiri comunque la messa in scena, la fotografia oppure la recitazione.

E poi ci sono i film brutti, quelli sciatti e scritti in maniera contorta, tanto che, mentre li guardi, non puoi fare altro che controllare in maniera compulsiva l’orologio, sperando che finiscano il prima possibile.

“Alaska” di Claudio Cupellini rientra in quest’ultima categoria e dopo aver ascoltato anche la conferenza stampa con i protagonisti hai come la sensazione che tutti – regista, attori, personaggi – vivano proprio in un mondo diverso dal tuo.

Di cosa parla “Alaska”? Per il vostro inviato alla Festa del Cinema si tratta di una storia d’amore dai toni noir, con protagonisti Fausto (Germano) e Nadine (Frisbey), che s’incontrano per caso sul tetto di un grande hotel parigino e poi si inseguono, si amano e finiscono per dividersi nel giro di cinque anni.

Secondo gli sceneggiatori e l’attore Elio Germano, invece, il film racconta l’affannosa ricerca della felicità da parte dei personaggi, ricerca portata avanti contro tutto e tutti. Magari, un giorno, qualcuno ricorderà loro che un certo Gabriele Muccino sul tema ha già fatto un film piuttosto illuminante. Come ci auguriamo che Elio Germano, stimato e talentuoso attore, si renda conto, prima o dopo, di cosa significhi veramente la parola commedia.

“Alaska” – forse il nome doveva mettermi in guardia in tal senso – gela sul nascere qualsiasi tentativo dello spettatore di provare empatia con i personaggi. Una storia d’amore che non decolla mai, rimanendo piatta e unidimensionale; due protagonisti che non arrivano mai ad avere una personalità o una struttura psicologica.

Gli autori hanno voluto rimarcare con orgoglio, in conferenza stampa, il fatto di aver scritto un testo inedito, diverso, teso a raccontare il desiderio di ogni uomo di migliorarsi e raggiungere i propri obiettivi. Di nuovo lo spettatore/inviato, ascoltando queste parole, è rimasto un po’ perplesso, perché per lui/me appariva chiaro che il fil rouge del film fosse invece la storia d’amore.

Storia d’amore che, a tratti, strizza l’occhio a “Romeo e Giulietta” – solo che nel nostro caso l’elemento tragico di divisione non è la morte, bensì la condizione carceraria che, in momenti diversi, coinvolge i due protagonisti.

La storia di Fausto e Nadine non può non ricordare anche il romanzo “Un giorno” di David Nichols: in quel libro, però, i sentimenti e le emozioni emergevano in maniera forte e avvolgente, mentre in “Alaska” si può solo apprezzare la professionalità di Elio Germano e la buona volontà della Frisbey.

Se il testo delude, e il cast arranca, la regia risulta sbiadita e priva di vis pugnandi, incapace di incidere sul prodotto e di dargli una qualche scossa.

Si salva dal naufragio artistico Valerio Binasco nel ruolo di Sandro, amico e socio fondatore della discoteca a cui la pellicola deve il nome e che permette a Fausto di iniziare la sua scalata sociale. La recitazione di Binasco è intensa, carica di umanità e capace di regalare le vere – nonché uniche – emozioni nel film.

Il finale drammatico, secondo gli autori dovrebbe suggerire allo spettatore l’idea che, non importa in quali condizioni sociali ed economiche ti trovi, se hai la fortuna di avere un persona affianco a te. Ma citando liberamente un collega critico alla fine della proiezione, magari conferma solo che, in certi casi, il matrimonio è peggio del carcere.

 

Il biglietto da acquistare per “Alaska” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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