“Alita – Angelo della battaglia”: una distopia con spunti cyberpunk

Adattamento piacevole anche se imperfetto nello sviluppo per il manga cult di Yukito Kishiro

Un film di Robert Rodriguez. Con Rosa Salazar, Christoph Waltz, Jennifer Connelly,  Mahershala Ali, Ed Skrein. Azione, 122′. USA, Canada 2019

Il dottor Dyson Ito vive ad Iron City nel 2563, trecento anni dopo la “caduta”, e ripara cyborg nella propria clinica. In cerca di componenti perlustra la discarica, dove cadono i rifiuti dalla città sospesa in cielo di Zalem, e qui trova la parte centrale di una ragazza cyborg, che decide di innestare nel corpo, mai utilizzato, che aveva preparato per sua figlia Alita. La ragazza non ha memoria di sé, ma è un cyborg avanzatissimo, di una tecnologia perduta e progettata per la battaglia. È infatti combattendo che lentamente riaffiorano le sue memorie, così decide di entrare tra i cacciatori di taglie della città e poi nei ferocissimi tornei di Motorball. Si innamora inoltre di un ragazzo umano, che sogna però di raggiungere Zalem, luogo da cui una forza sinistra sembra essersi interessata ad Alita.

 

Basato sul manga cyberpunk cult di Yukito Kishiro, che ha debuttato nel 1990, “Alita: Angelo della battaglia” di Robert Rodriguez è ambientato 300 anni circa dopo una guerra che ha distrutto la maggior parte del mondo e ha creato una voragine tra ricchi e poveri.

È un mondo sporco, quello costruito da James Cameron, produttore e sceneggiatore, popolato da una folla multietnica che non ha modo di cambiare il proprio status. Il 99% della popolazione vive ad Iron City, tra miserie, lavori umili e la distrazzione offerta dagli spettacoli di motorball, mentre l’1% si presume viva in un paradiso irraggiungibile chiamato Zalem.

Quello che colpisce del film, al di là dell’ambientazione dettagliatissima, è la protagonista, Alita. La performance in motion capture di Rosa Salazar risulta empatica e coinvolgente, tanto da portare chi guarda a dimenticare quasi che, il personaggio, è per il 90% robot.

Le sequenze di azione sono coreografate alla perfezione, e fanno quasi dimenticare qualche pecca nella sceneggiatura (il fatto, ad esempio, che da cyborg alla ricerca di una propria identità Alita si trasformi in un attimo in una “normale” ragazzina che si ribella all’autorità).

Nonostante i limiti, “Alita – Angelo della battaglia” offre due ore di piacevole intrattenimento. Merito di una storia semplice che include guerra di classe, misteri, amore tra adolescenti, guerra e spunti cyberpunk. Nelle mani molto capaci di Rodriguez, il mondo immaginato da Kishiro è diventato un incubo futuristico, che perseguita tanto quanto abbaglia.

 

Previous article“Mamma + Mamma”: dalla storia vera della regista Karole Di Tommaso
Next article“La paranza dei bambini”: quando l’innocenza si perde per strada
Federica Rizzo
Campana doc, si laurea in scienze delle comunicazioni all'Università degli studi di Salerno. Internauta curiosa e disperata, appassionata di cinema e serie tv, pallavolista in pensione, si augura sempre di fare con passione ciò che ama e di amare fortemente ciò che fa.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here