“Anna Bolena, una questione di famiglia”: recensione del romanzo

Fazi editore pubblica il secondo capitolo della Trilogia di Hilary Mantel, accurata ma difficile

Dopo il pluripremiato “Wolf Hall”, vincitore del Booker Prize, arriva in libreria il secondo capitolo della trilogia di Hilary Mantel, edita in Italia da Fazi, Anna Bolena, una questione di famiglia. La parabola ascendente di Thomas Cromwell al tempo di Enrico VIII riprende da dove ci eravamo interrotti…

Nonostante la mia grande passione per il romanzo storico, ammetto che non ho letto molte storie raccontate da un punto di vista maschile. Lo avete notato anche voi? Nove su dieci, gli autori scelgono di dare voce alle donne della storia – da Caterina ad Anna, per restare in epoca Tudor, senza contare le cinque voci narranti femminili della saga sulla Guerra delle due rose di Philippa Gregory e via dicendo.

È piuttosto raro che sia un uomo a parlare in prima persona. Il fatto che qui sia la viva voce di Cromwell a mostrarci gli eventi e a guidarci nelle trame e negli intrighi di palazzo è un punto a favore del romanzo. Mi duole dirlo, uno dei pochi che ho trovato.

Per i miei gusti la storia è un po’ troppo psicologica. L’azione vera e propria latita, tranne che nelle ultime 100 pagine, quando Anna Bolena ormai è in prigione, c’è il processo e poi le esecuzioni. È vero che le vicende sono note, quindi non ci si possono aspettare veri e propri colpi di scena, però ho letto libri sullo stesso tema molto più avvincenti e vividi, e questo non può non pesare.

Anche lo stile non mi ha convinta del tutto. La narrazione non è fluida né facile da seguire, richiede molta attenzione. Se non ti concentri sulle parole rischi di non capire niente. Il dettato è spesso complesso, talvolta non è chiaro chi sia il soggetto, di chi si stia parlando. Ho impiegato una vera eternità a finire il libro – e questo, se non dipende da una precisa volontà di far durare più a lungo una storia che ci ha conquistati, non è mai un bene.

C’è poi il fatto che la figura di Cromwell non è del tutto positiva, ma assai complessa e sfaccettata. Un bene, per ciò che riguarda veridicità e resa storica; un male per l’immedesimazione dei lettori. Anche se è il protagonista indiscusso del romanzo, chi legge non riesce a parteggiare completamente per lui. Non gli si affeziona, ecco. Quando “si assiste” a certe scene – gli inganni, le bugie, persone innocenti portate a raccontare falsità, il modo subdolo di agire del segretario – non si può che sperare nella sua caduta. E questo disorienta un po’.

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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