Anna, Niccolò Ammaniti

di Francesca Bottarelli

 

In una Sicilia diventata un’immensa rovina, una tredicenne cocciuta e coraggiosa parte alla ricerca del fratellino rapito. Fra campi arsi e boschi misteriosi, ruderi di centri commerciali e città abbandonate, fra i grandi spazi deserti di un’isola riconquistata dalla natura e selvagge comunità di sopravvissuti, Anna ha come guida il quaderno che le ha lasciato la mamma con le istruzioni per farcela. E giorno dopo giorno scopre che le regole del passato non valgono più, dovrà inventarne di nuove. Con “Anna” Niccolò Ammaniti ha scritto il suo romanzo più struggente. Una luce che si accende nel buio e allarga il suo raggio per rivelare le incertezze, gli slanci del cuore e la potenza incontrollabile della vita. Perché, come scopre Anna, la “vita non ci appartiene, ci attraversa”.

Anna è coraggiosa, perseverante, consapevole che nella vita occorre lottare, anche di fronte alle difficoltà. La tenacia nasconde anche un lato dolce, protettivo e tenero, lo stesso che le permette di sopravvivere nella Sicilia in rovina del 2020, dove il virus letale della Rossa ha portato morte e distruzione, sterminando la popolazione.

La Rossa uccide gli adulti – i genitori di Anna, ad esempio – ma risparmia i bambini. Con in mano il “quadernino delle cose importanti” che le ha lasciato la mamma, Anna deve prendersi cura del fratellino Astor, e proteggerlo dalle crescenti insidie.

Quando però quest’ultimo viene rapito dai bambini blu, Anna si trasforma. La protagonista ha 13 anni, ma improvvisamente diventa donna, in uno scenario immaginario e apocalittico dove diventare grandi fa paura più che ammalarsi, dove a terrorizzare è il pensiero di dover convivere con il vuoto, con la solitudine e la devastazione che il virus lascia nei cuori e nella vita di chi viene colpito.

Sullo sfondo dell’avventura di Anna vediamo una Sicilia devastata da incendi ed esplosioni, dove gli orfani prendono d’assalto quel che resta dei supermercati in cerca di scatolette di cibo scaduto e vagano senza sosta, semi nudi e affamati.

Un romanzo distopico made in Italy, duro e crudele come i precursori internazionali. La descrizione di questa terra desolata e lentamente annientata dalle conseguenze di un malattia letale lascia annichiliti e interdetti. La narrazione è portata avanti con tratti decisi e non lascia spazio a dubbi: o si ama o si odia.

C’è chi ha visto in “Anna”, ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti edito da Einaudi, un’opera premonitrice di quello che, in futuro, succederà davvero. L’innovazione è immaginata in chiave negativa e l’unica speranza per l’umanità risiede nelle nuove generazioni. In quest’ottica la protagonista diventa il simbolo del riscatto: Anna si scontra con una realtà più grande di lei, ma riesce comunque a emergere con tenacia e intelligenza.

Personalmente, pur avendo apprezzato l’ambientazione diversa dal solito e il lungo viaggio della protagonista che permette di apprezzare una meravigliosa terra desolata, ho trovato il romanzo lontanissimo da “Io non ho paura”. In quel caso un argomento delicatissimo veniva trattato con incredibile maestria e sensibilità, rendendo il libro un potente romanzo di formazione per giovani; in questo caso non penso sia stato ottenuto lo stesso effetto.

“Anna” è una critica aperta all’innovazione, un romanzo futurista dai toni cupi: nonostante le conquiste scientifiche e tecniche, l’uomo non riesce comunque a far fronte alla malattia e al declino della società.

L’opera ha nelle descrizioni per immagini e nella capacità di personificare la natura i suoi punti di forza. La natura acquista forza nella distruzione generale, e in questo mondo sottosopra Anna è l’eroina determinata a non farsi abbattere dai pericoli, dalle attese e dalle sue stesse paure che, lentamente, diventano i suoi punti forti.

Tutto questo però non basta ad attenuare il ritmo angosciante e a stemperare la prosa di difficile lettura che, pur illustrando temi attuali come la possibilità di un declino dell’umanità, conferiscono al romanzo un’aurea negativa e pesante. Il lettore, invece di sentirsi chiamato in causa, viene allontanato e lasciato in disparte a riflettere sugli effetti del progresso. Le avventure che Anna vive pagina dopo pagina non diventano mai le nostre, ma restano lontanissime.





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