“Atlantis”: un’opera tetra e oscura, ambientata in un futuro possibile

Premiato a Venezia nella sezione Orizzonti, il film di Vasyanovych sul cambiamento

Un film di Valentyn Vasyanovych. Con Andriy Rymaruk, Vasyl Antoniak, Liudmyla Bileka. Drammatico, 106′. Ucraina 2019

Ucraina orientale, in un futuro molto prossimo. Un deserto inadatto alla presenza umana. Sergeij, un ex soldato che soffre di stress post- traumatico, non riesce ad adattarsi alla sua nuova realtà: una vita a pezzi, un Paese in rovina. Quando la fonderia in cui lavora chiude definitivamente, Sergeij trova un modo inaspettato di cavarsela, unendosi alla missione volontaria del Tulipano Nero, specializzata nel recuperare cadaveri di guerra. Lavorando accanto a Katya, capisce che un futuro migliore è possibile. Imparerà a vivere senza la guerra e ad accettarsi per quello che è?

 

Vincitore della sezione Orizzonti alla 76° Mostra del cinema di Venezia, “Atlantis” di Valentyn Vasyanovych è ambientato nel 2025 in Ucraina, a un anno dalla fine della guerra con la Russia. Il Paese sta facendo la conta dei suoi morti e sta provando a rialzarsi, nonostante le evidenti difficoltà.

Opera tetra e oscura, con i personaggi che si muovono in un paesaggio ostile dominato da ruderi e battuto spesso da una pioggia scura e violenta, “Atlantis” è girato con lunghe inquadrature fisse che si alternano ad altrettanto lunghe riprese in movimento.

Valentyn Vasyanovych cerca di raccontare, attraverso il protagonista Sergeij che, entrando e uscendo dalle cornici delle inquadrature rompe il rigore della forma, un cambiamento che è, comunque, possibile nonostante le tante avversità. E che Sergeij sarà spinto a mettere in atto dopo l’incontro con la nuova collega Katya

“Atlantis” si chiude invece in maniera quasi ciclica, con un’inquadratura a luci infrarosse completamente in opposizione a quella di apertura.

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