“Botox”: un esordio sorprendente, che mescola realismo iraniano e noir

Kaveh Mazaheri, alla prima prova con un lungometraggio di finzione, sorprende in positivo

Un film di Kaveh Mazaheri. Con Sussan Parvar, Mahdokht Molaei, Soroush Saeidi, Mohsen Kiani, Morteza Khanjani. Commedia, 97′. Iran, Canada 2020

Azar e Akram sono sorelle e non potrebbero essere più diverse tra loro. Cinica e intraprendente la prima, che lavora in un centro estetico, ingenua e istintiva la seconda, affetta da un ritardo mentale. Quando il compagno di Azar la convince a coltivare in una serra funghi allucinogeni le sorelle coinvolgono Emad, il fratello, innamorato della lingua tedesca e intollerante alle sciocchezze compiute da Akram.

 

Bugie, cattiverie, orrore si annidano spesso in ambito familiare. È una sorta di verità universale, che si applica in tutto il mondo, nei Paesi ricchi come in quelli più poveri. Eppure una tragedia può tramutarsi in una commedia nera, se vista da una prospettiva originale e creativa. 

È questo il caso di “Botox”, esordio nel lungometraggio di finzione dell’iraniano Kaveh Mazaheri, di professione ingegnere e regista per passione, premiato come miglior film al Torino Film Festival 2020.

Una pellicola sorprendente, che diverte ma fa anche riflettere, e che allo stesso tempo è molto difficile inserire in un genere preciso.

Tutto ruota intorno al microcosmo di due sorelle, Azar e Akram, che condividono un segreto e un forte senso di colpa. Il rapporto tra loro è bizzarro, intenso, litigioso. La prima lavora in un centro estetico ma sogna d’intraprendere un’attività più stimolante e lucrativa. La seconda è affetta da un ritardo mentale.

Oltre a loro c’è un fratello, Emad, e sarà proprio la sua uccisione a dare il là all’intera vicenda. Dietro il fratricidio si nasconde il ritratto di una società ancora fondamentalmente patriarcale, in cui è l’uomo di famiglia a prendere le decisioni, permettendosi anche di sottoporre ad angherie l’elemento femminile più debole (in questo caso la sorella disabile).

Lo spettatore segue, divertito, la tragicomica farsa messa in piede dalle due sorelle per far sì che il loro piano criminoso risulti credibile a parenti e amici, e le loro diverse reazioni davanti all’accaduto. Se infatti Akram appare persa sempre più in un mondo tutto suo, divisa tra senso di colpa e rimozione, Azar rilancia con astuzia e creativa la bugia, cercando di non contraddirsi.

La buona riuscita di “Botox” si basa su più elementi. La sceneggiatura è ben scritta, lineare, ricca di sfumature. La regia si affida ai primi piani e alla recitazione delle due protagoniste, affiatate e talentuose, complementari nella diversità dei rispettivi personaggi. 

Mazaheri racconta un dramma familiare con tutte le sue implicazioni e conseguenze, “da dentro”, ci verrebbe da dire, senza però indulgere nel pietismo o cercare di ottenere il beneplacito dello spettatore. Il finale, per nulla scontato, conferma ed enfatizza questa idea di cinema che narra senza dare giudizi.

 

Il biglietto da acquistare per “Botox” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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