“Bulli e pupe”: un ritratto autentico degli anni ’50, tra musica e sociologia

Steve Della Casa e Chiara Ronchini firmano un docuementario godibile quanto utile ed esplicativo

Un film di Steve Della Casa, Chiara Ronchini. Con Claudio De Pasqualis, Elisa Turco Liveri, Rachele Minelli, Rocco Tedeschi, Matteo Ceci. Documentario musicale, 76′. Italia 2018

Come sono cresciute le generazioni di italiani nate dopo la Seconda guerra? Che tipo di educazione, valoriale ed emotiva, e di approccio al mondo hanno ereditato e vissuto? Gli anni Cinquanta sono reimpaginati in un catalogo ben cadenzato ed eclettico di archivi pubblici e privati, alla ricerca di un punto di vista meno accademico e più vicino, diretto, alle fonti autentiche. In parallelo, grazie all’accesso all’archivio dei film della Titanus, sfila anche il filo rosso del cambiamento tutto interno al cinema tricolore, cioè il Neorealismo dai tratti drammatici dei maestri come Visconti e Rossellini che cede il passo al suo figlio cosiddetto “rosa”, collettore del benessere in graduale salita e dell’entusiasmo spensierato diffuso dai nuovi consumi mutuati dallo stile di vita statunitense.

 

Cosa resterà di queti anni ottanta? cantava il buon Raf nel 1989, ponendo un quesito che molti di noi già si facevano su un decennio controverso quanto intenso.

Anche se con uno spirito e un approccio narrativo più serio, e spostando il focus sugli anni ’50, i registi di “Bulli e pupe”, Steve Della Casa e Chiara Ronchini, hanno cercato in modo analogo di fornire una riposta alla domanda, di riportare in vita l’atmosfera e sopratutto le contraddizioni di un decennio di passaggio fondamentale per la storia del nostro Paese.

Il documentario musicale, presentato nella sezione Festa Mobile del TFF 2018, permette allo spettatore di compire un interessante viaggio in un’Italia sbiadita e lontana nel ricordo, ma resa di nuovo viva e concreta dai filmati d’epoca dell’istituto Luce, dalle accurate scene tratte da celebri film e soprattutto delle parole degli adolescenti di allora.

“Bulli e pupe”, nonostante la struttura e lo stile registico piuttosto semplice e lineare, riesce a dare voce e anima alla parte meno conosciuta di una stagione spesso raccontata solo attraverso stereotipi e banalità

Erano gli anni del boogie-woogie, della ricostruzione post-bellica e dell’edilizia selvaggia, dell’ottimismo per un futuro che si prospettava migliore. Ma anche delle migrazioni forzate dal Sud al Nord Italia, del confinemento dei “terroni” in sobborghi fatiscenti, dell’aumento del divario tra zone del Paese.

“Bulli e pupe” è un documentario godibile quanto utile, che offre allo spettatore la possibilità di unire una piacevole nostalgia alla necessaria riflessione civile e politica sul nostro Paese di ieri e di oggi.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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