“Californie”: un’opera immersiva che parla di innocenza perduta

Il secondo film di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman è toccante anche se prolisso

Un film di Alessandro Cassigoli, Casey Kauffman. Con Khadija Jaafari, Ikram Jaafari, Maria Amato. Drammatico, 81′. Italia 2021

Jamila è una ragazza marocchina che vive in una città portuale dell’Italia del Sud. A 9 anni ha sogni, modelli di riferimento e curiosità per la vita, ma le difficoltà e il senso di emarginazione che prova quando è con i suoi coetanei la induriscono e la rendono sempre più diffidente. Comincia allora ad idealizzare il suo Paese d’origine, dove dichiara di voler tornare, e lascia la scuola per andare a lavorare a tempo pieno nel negozio “Californie”, per poter diventare un giorno una brava parrucchiera.

 

Avevamo già avuto modo di apprezzare alla Festa del cinema di Roma nel 2018, con il film “Butterfly”, il talento e la creatività del duo registico formato da Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, capace di raccontare la realtà con uno stile semplice ma coinvolgente e toccante, mescolando documentario e finzione.

Il sodalizio artistico e la formula vincente si ripetono in “Californie”, presentato in concorso alle Giornate degli Autori. Un progetto girato nell’arco temporale di cinque anni, incentrato sul tema dell’integrazione giovanile nel Sud Italia. 

Anche questa volta, il lavoro è ambizioso e meticoloso, vista la scelta di mostrare “in presa diretta”, nel corso del tempo, le trasformazioni fisiche e caratteriali e le scelte di vita compiute da Jamila (Jaafari). Il risultato è un’opera veramente immersiva, che solo raramente trasmette la sensazione di “artefatto” o premeditato.

La vita della giovane protagonista è scandita da diverse fasi. Nella prima, forse la più bella e positiva, la vediamo a nove anni allenarsi nella palestra di Torre del Greco, sognando di ripetere le gesta di Irma Testa (che appare in un breve cameo), seguita in modo paterno dallo stesso maestro di pugilato.

Jamila è buona, gentile, studiosa. Vive a Pompei con la famiglia, e nonostante sia nata in Marocco parla un discreto italiano, e mostra anche una certa disinvoltura con il dialetto napoletano. Un esempio di integrazione riuscita, insomma.

Ma gli anni successivi segnano un’involuzione psicologica della ragazza, sempre più ostile al mondo esterno, chiusa in se stessa, rabbiosa. Jamila sta crescendo in solitudine, ereggendo un muro tra sé e gli altri, nonostante la presenza dei genitori e dei fratelli. Da Pompei si è trasferita a Torre del Greco, ma se il suo parlare, pensare e relazionarsi è chiaramente napoletano, lei sogna di tornare in Marocco, convinta che solo nella sua terra di origine possa trovare gli amici e gli affetti che in Italia le sono preclusi.

Le fasi due e tre della vita di Jamila sono “gli anni della ribellione” o della crisi pre-adolescenziale, dove lei abbandona la scuola e decide di imparare il mestiere di parrucchiera, lavorando come assistente nel negozio Californie. Nelle ultime due, invece, troviamo una ragazza più consapevole, anche se ancora ribelle e molto lontana da quello che dovrebbe essere una “normale” 14enne. 

“Californie” è un racconto agrodolce, in cui il tema dell’innocenza perduta si fonde con quello dell’inclusione e della dispersione scolastica. Jamila è l’emblema di una generazione a cui stiamo negando progressivamente sogni e opportunità di futuro, ma anche la possibilità di vivere le varie età senza dover crescere troppo in fretta.

La sceneggiatura è a tratti prolissa, e il ritmo del film monocorde, ma nonostante questo il film riesce a emozionare e commuovere, grazie soprattutto alla straordinaria interpretazione di Khadija Jaafari che si muove sulla scena con la personalità, il carisma e la naturalezza di una veterana.

“Californie” vi farà sorridere, arrabbiare e soprattutto provare affetto e senso di protezione nei riguardi di Kamila, un bambina divenuta adulta per scelta ma in gran parte per necessità.

 

Il biglietto da acquistare per “Californie” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio (con riserva). Ridotto. Sempre.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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