“Cane che abbia non morde”: l’opera prima, graffiante, di Bong Joon-ho

La commedia, grottesca e critica nei confronti della società, è stata realizzata nel 2000

Un film di Bong Joon-ho. Con Sung-jae Lee, Du-na Bae, Ho-jung Kim, Su-hee Go, Roe-ha Kim. Commedia, 106′. Corea del sud 2000

Yun-ju è un nullafacente che non ha i soldi per corrompere il suo preside e diventare professore. Frustrato, si sfoga con i cani del vicinato, cercando goffamente di eliminarli. Di contro Hyun-nam, giovane svampita ma di buon cuore, decide di indagare per scovare il rapitore di cani.

 

Che Bong Joon-ho racconti le ineguaglianze sociali non è una novità – basta pensare a “Parasite”, il suo film premio Oscar (di cui ho parlato qui). Ciò che è interessante è che già dai suoi esordi il regista coreano abbia saputo filtrato gli eventi con quel particolare sguardo analitico e comico che si è poi sublimato col tempo.

“Cane che abbaia non morde” è la sua opera prima, realizzata nel 2000 e finalmente arrivata in sala anche in Italia. I semi dello stile di Bong – o della sua poetica, se preferite – sono già ben piantati in questo lavoro, sebbene non siano ancora fioriti.

La storia si svolge in un condominio periferico di una grande città, microcosmo che rappresenta una società più grande, dove vivono un ricercatore universitario e sua moglie. Un sistema accademico corrotto mina la vita quotidiana e coniugale di Yoon-ju, che riversa la sua frustrazione sui cani del vicinato rei di abbaiare continuamente.

Una serie di vicende ridicole e grottesche lo porteranno a incrociarsi con Hyun-nam, impiegata di buon cuore che sembra essere l’unico personaggio (quasi) distaccato dalla meschinità della condizione umana.

Commedia grottesca, “Cane che abbia non morde” muove una sottile critica erso una società ingiusta, che obbliga i cittadini a un’affannata, e spesso ridicola, corsa alla competizione. Una corsa portata sullo schermo al ritmo di un velocissimo quanto stressante jazz, che ripaga lo spettatore di momenti più lenti, soprattutto all’inizio, quando il film si prende del tempo per carburare.

Gli estimatori di Bong Joon-ho apprezzeranno sicuramente questo esordio, seppur trovandolo, com’è naturale, meno raffinato dei successivi lavori del regista. Ma mi sento di consigliarlo a tutti coloro che si interessano a un cinema dall’ironia sottile e spietata.

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Valeria Lotti
Originaria della provincia di Roma, vive tra l'Europa e la Cina, coltivando la sua passione per lo studio di società e culture. Dottoranda a Berlino, ama scrivere di cinema, viaggi e letteratura. Si ritiene democratica e aperta alla critica, purché non sia rivolta ai libri di Harry Potter.

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