“Captive State”: un film di fantascienza realistico e ambizioso

Quando il genere sci-fi incontra il thriller anni '70 e nascono spunti di riflessione contemporanei

Un film di Rupert Wyatt. Con Vera Farmiga, Machine Gun Kelly, Madeline Brewer, John Goodman, Alan Ruck. Fantascienza, 109′. USA 2019

Una famiglia cerca di fuggire dalla Chicago occupata dagli alieni ma non ha fortuna e sopravvivono solo i due giovani fratelli Rafe e Gabriel. Nove anni dopo, nel 2025, Rafe è scomparso, dato per morto si è in realtà unito alla resistenza, mentre Gabriel lavora a chip di cellulari da cui vengono estratti dati per gli archivi degli occupanti alieni. Trova il modo di farci su anche qualche soldo sul mercato nero e insieme a un amico prepara una barca per la fuga dalla città, ma i suoi piani sono stravolti dal ritorno di Rafe e dalle azioni terroristiche della resistenza. Sulla quale indaga anche il detective William Mulligan, che vuole proteggere il quartiere di Pilsen dalla rappresaglia aliena.

 

Con una sequenza in cui le versioni più giovani di due dei protagonisti del film, Rafe (Majors) e Gabriel (Sanders), assistono alla morte violenta dei loro genitori, seguita da un montaggio audio di alcune notizie, “Captive State” di Rupert Wyatt ci introduce subito in media res, all’interno del mondo che ci verrà poi mostrato.

Gli alieni hanno invaso la Terra ma questa volta, invece di venire prontamente sconfitti come accade di frequente al cinema, hanno preso il potere. E l’hanno consolidato. Nove anni dopo l’incipit della pellicola gli esseri umani lavorano in grandi tunnerl sotterranei per raccogliere le risorse naturali del pianeta per gli invasori. Ma si è formata anche una resistenza pronta a tutto…

Scritto da Rupert Wyatt e Erica Beeney, “Captive State” combina fantascienza e thriller di spionaggio d’ispirazione anni ’70. L’idea alla base del progetto è interessante: mettere da parte distruzione di massa e scontri su larga scala dovuti all’invasione aliena e concentrarsi invece sulle storie di alcuni personaggi.

Ci sono anche spunti interessanti che rimandano alla situazione globale presente – problemi come la sorveglianza, la deportazione e la resistenza al potere – ma purtroppo non vengono approfonditi e rimangono marginali.

Il messaggio di fondo di “Captive State”, un film sicuramente particolare nell’immenso universo del genere distopico e sci-fi oggi tanto di moda, è che gli esseri umani sono più forti se restano uniti ma proprio i legami interpersonali possono essere sfruttati “dal nemico” come una forma di debolezza.

 

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Federica Rizzo
Campana doc, si laurea in scienze delle comunicazioni all'Università degli studi di Salerno. Internauta curiosa e disperata, appassionata di cinema e serie tv, pallavolista in pensione, si augura sempre di fare con passione ciò che ama e di amare fortemente ciò che fa.

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