Cartoline da Venezia 77: un sanificato arrivederci dal Lido e dalla Mostra

Le nuove regole hanno funzionato in loco, non resta che vedere tra 15 giorni come sarà andata

Foto di repertorio, Mostra 2020

Scrivo la mia cartolina di commiato sul treno, con Venezia alle mie spalle e Roma all’orizzonte, come di consueto. Quest’anno, però, a differenza del passato sono partito con un giorno di anticipo, senza aspettare la premiazione del concorso ufficiale.

La verità, caro lettore, è che i verdetti della Mostra del cinema valgono poco o nulla, nel 2020. Non me ne vogliamo ovviamente i registi, gli attori e i produttori che hanno ricevuto l’attesa telefonata e si sono ripresentati, prontamente tamponati, al Lido per ricevere questo o quel riconoscimento. Non è un giudizio di merito sul loro operato, il mio.

Ma quest’anno il dato atteso dal direttore Barbera e dall’intera comunità festivaliera è quello che avremo a fine settembre, ovvero se e quanti contagiati si sono generati in questi giorni. Inutile girarci intorno: il futuro prossimo dei festival dal vivo passa dal successo sanitario di Venezia 77, dalla validità o meno del protocollo che è stato applicato e che sarà, in caso positivo, riproposto.

Parlando di cinema, questo è stato un Festival complessivamente buono, ma che non ha toccato picchi memorabili. Un Festival senza stelle di Hollywood e con red carpet per pochi intimi. Un Festival dove le code fisiche sono state annullate, e il posto in sala si è prenotato online (una novità positiva, da confermare il prossimo anno, secondo me).

Personalmente ho consumato litri di Amuchina e sobbalzato, con charme, a ogni starnuto o colpo di tosse dei colleghi. Le occhiaie stile panda sono comparse, segno che certe cose non cambiano mai.

Alla Mostra del cinema 2020 contava esserci, e noi ci siamo stati. Abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo, o meglio oltre la pandemia. Ringrazio le colleghe per il prezioso aiuto da remoto, e la direttora per la pazienza, come di consueto.

Non mi resta che mandarvi un saluto, debitamente sanificato, dal treno Italo. Sperando di poter ribadire, fra due settimane: “A Venezia 77 non ci fu coviddi”.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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