Cartoline da Venezia| “Process” e “American Dharma”

Due documentari, uno sulla Russia di Stalin, uno sulla mente dietro il successo elettorale di Trump

Se non ti occupi di politica, sarà la politica ad occuparsi di te.

Ancora oggi le parole dell’avvocato, saggista, attivista e politico statunitense Ralph Nader contengono bellezza mista a un drammatico quanto autentico cinismo, alla luce della situazione politica nazionale ed internazionale.

Non esercitare il diritto di voto e non voler approfondire il modo in cui i nostri rappresentati svolgano il loro mandato rimane una scelta libera e rispettabile. Ma riflettiamo un attimo se l’astensionismo abbia dato dei risultati concreti o non abbia finito, piuttosto, per danneggiarci.

Alberto Barbera, inserendo nel programma della Mostra del cinema di Venezia, come eventi speciali, “Process” di Sergey Loznitsa e “American Dharma” di Errol Morris ha offerto allo spettatore l’opportunità di fare un corso accelerato di storia moderna e dottrina politica, senza bisogno di sfogliare un manuale o un giornale.

 

“PROCESS”: UN METICOLOSO – ED ESTENUANTE – LAVORO DI MONTAGGIO STORICO

di Sergey Loznitsa. Documentario, 125’. Paesi Bassi, 2018

“Process” è un meticoloso e puntuale lavoro di montaggio compiuto dal regista ucraino, che ha usato solo materiale d’archivio originale per mostrare al pubblico una delle famigerate “purghe staliniane” travestite da processo politico ai danni dei traditori della Rivoluzione d’ottobre.

Nel 1930 professori, alti funzionari e scienziati vennero accusati di aver fondato clandestinamente il Partito dell’industria e congiurato con le forze occidentali per rovesciare il governo dei lavoratori. Le accuse di tradimento erano false, ma stabilire la verità non era tra le preoccupazioni principali di Stalin.

Lo spettatore di oggi assiste sgomento e incredulo alla drammatica messa in scena e personificazione di un processo kafkiano scritto e diretto dallo Stato, dove ogni “attore” recita con grande professionalità il ruolo assegnato, con l’unico obiettivo di convincere l’opinione pubblica nazionale e internazionale dell’epoca dell’urgenza e necessità del processo.

Sergey Loznitsa, realizzando il documentario “Process”, compie una lodevole ed efficace operazione storica, politica e di divulgazione, utile soprattutto per i giovani, che di questo periodo storico e della figura di Stalin sanno spesso troppo poco.

Per quello che riguarda il lato artistico del film, però, questo è lungo, lento e quasi monocorde. In sintesi è un po’ come vedere un filmato dell’Istituto Luce che descrive in presa diretta il Fascismo. Una visione necessaria per la costruzione di una coscienza politica, ma due ore di sofferenza per un cinefilo.

 

“AMERICAN DHARMA”: LA MENTE DIETRO IL SUCCESSO ELETTORALE DI TRUMP

di Errol Morris. Con Stephen K. Bannon. Documentario, 95’. USA, Gran Bretagna 2018

Se “Process” punta l’indice contro la “giustizia” della Rivoluzione d’ottobre, Errol Morris con il suo vivace, intenso e coinvolgente “American dharma” cerca di spiegare al pubblico come si è arrivati all’inaspettata e per molti versi sconvolgente vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane 2016 contro Hilary Clinton.

Il regista lo fa intervistando, con garbo e sincera curiosità, Steve Bannon, l’artefice di questo miracolo elettorale e politico – o, a seconda del punto di vista, di questo incubo ad occhi aperti.

Morris offre all’ex responsabile della campagna elettorale di Trump la possibilità di raccontarsi e di spiegare la propria tesi, quasi fosse una lectio magistralis, tra citazioni cinematografiche e analisi politiche ed economiche.

Chi è veramente Steve Bannon? È un pazzo razzista o un lungimirante, e visionario, analista politico? “American dharma” ci permette di scoprire qualcosa in più di questa figura controversa, che ha reso possibile l’impossibile – ovvero l’insediamento di Trump alla Casa Bianca.

Bannon dice di agire seguendo quella che considera la sua missione, il suo dharma: distruggere lo status quo delle istituzioni politiche ed economiche che finora hanno sfruttato il popolo americano.

Secondo lui gli Stati Uniti, per rinascere, devono prima implodere, anche a costo di generare caos e terribili conseguenze sociali. Secondo i suoi seguaci, il momento della “liberazione” sta arrivando. Per chi lo osteggia il suo ripetuto “It’s coming” è solo una minaccia alla democrazia.

Non è nostro compito stabilire quale delle due visioni sia giusta. Noi ci limitiamo a consigliare la visione di “American dharma” a prescindere, perché la costruzione di una coscienza politica e civile può passare solo dalla conoscenza.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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