Cartoline dal Torino Film Festival: tempo di saluti e di bilanci

Dieci giorni stancanti ma produttivi, in una città che nonostante il clima si conferma accogliente

Here we go again! Ci risiamo. Dovrei preparare la valigia, stabilire se posseggo ancora della biancheria pulita oppure mettere tutto nella sacca “roba da lavare”. E poi dare una ripulita e rendere nuovamente abitale la stanza dove ho soggiornato nei dieci giorni del Torino Film Festival.

Vorrei capire perché non mi entrano più i pantaloni e ho più occhiaie di una panda. Vorrei finalmente dormire 12 ore di fila, recuperare le nuove uscite Netflix e finire i libri che stazionano sul mio comodino da tempo.

Fin da bambini ci insegnano, però, che “prima viene il dovere, poi il piacere”, che nel mio caso significa: prima accontenta le richieste della direttora Turillazzi e dopo vediamo. Ed ecco quindi che sono qui, davanti al mio computer, a cercare di chiudere questo speciale da Torino.

Che cosa mi porto dietro da questa nuova esperienza in terra piemontese? La lista è lunga: piedi gonfi, meno soldi sul conto corrente, ore arretrate di sonno, mal di schiena e la chiara sensazione che anche quest’anno non vincerò il Premio Pulizer.

E quindi? Quindi non vedo l’ora che i mesi passino il più velocemente possibile per ritornare ancora una volta sotto la Mole! Torino è diventata per il sottoscritto quasi una seconda casa – gentile sindaco Appendino sottolineo il quasi, non vorrei ricevere dal Comune strane richieste di pagamento Imu.

I giorni di Festival sono stati, come da tradizione, faticosi, sfibranti, a tratti alienanti, ma ancora una volta mi hanno regalato delle belle sorprese cinematografiche, insieme alle inevitabili Spira Mirabilis, ovvero cocenti delusioni.

Tornando alla domanda di partenza, cosa mi resta di questo 36° TFF? La certezza che è bene non invitare mai Nicolas Cage in casa vostra, perché potreste ritrovarvelo ubriaco e in mutande seduto sulla tazza del vostro water – un’immagine che difficilmente scomparirà dalla mia memoria.

Un consiglio, anche. Quando siete stanchi valutate bene da quale genere di film farvi  traghettare verso il dorato regno di Orfeo. Se fate una scelta poco attenta, il risveglio potrebbe essere quanto mai traumatico – come lo è stato il mio!

Sperando con queste mie poche righe di aver assolto ai miei obblighi turillazziani e di poter finalmente iniziare gli altri… arrivederci, si spera, al prossimo Festival.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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