Cartoline dalla Berlinale 2020: di premi meritati e cappuccini agognati

Si tirano le somme dei dieci giorni berlinesi, giornate ricche di belle pellicole ed eventi interessanti

Come sempre, i dieci giorni della Berlinale volano via in un soffio; e come sempre, non è un film tedesco ad aggiudicarsi la vittoria finale. Che bello, alcune certezze rimangono!

Ma ciò che è ancora più bello è che il mio film preferito abbia vinto l’Orso d’Oro. “There is no evil” di Mohammad Rasoulof (qui la recensione) è stato apprezzato dalla giuria capitanata da Jeremy Irons quanto è stato apprezzato da me.

La storia si ripete: come nel caso di “Synonyms” nella scorsa edizione di questo Festival e di “Parasite” a Cannes, le mie preferenze vengono condivise dalla giuria. Lo ammetto, la cosa mi rende parecchio orgogliosa dei miei gusti cinematografici, ma cercherò di non montarmi la testa.

Oltre all’Orso d’Oro, anche altri premi hanno contribuito ad alimentare la mia gioia, uno su tutti l’Orso d’Argento per la migliore sceneggiatura ai Fratelli D’Innocenzo. Il loro “Favolacce” (qui la recensione) meritava davvero un riconoscimento. Discorso analogo vale per “The woman who ran” di Hong Sangsoo, premiato con l’Orso d’Argento per la migliore regia.

L’unico dispiacere personale è che “First Cow” di Kelly Reichardt (qui la recensione) se ne sia andato da Berlino a mani vuote, nonostante la sua originalità. Lo so, lo so, non è che tutti i film che piacciono a me devono per forza ricevere qualche premio…

Tirando le somme, la vostra inviata è soddisfatta di questa 70° edizione della Berlinale, che è iniziata un po’ in sordina per poi crescere in modo esponenziale. E non mi riferisco solo alla competizione ufficiale, ma anche alle sezioni collaterali, dove è stato dato spazio a produzioni minori e a tanti documentari, con una grande affluenza di pubblico. I nuovi direttori Carlo Chatrian e Mariette Rissenbeek possono ritenersi soddisfatti.

Nota finale, il cappuccino della sala stampa. Il latte di soia e il latte di mandorla sono stati graditi upgrade rispetto agli anni precedenti. Certo, a volte è rimasto un desiderio insoddisfatto, calda bevanda irraggiungibile a causa della fila eterna… ma ai festival ci vuole pazienza!

 

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Valeria Lotti
Originaria della provincia di Roma, vive tra l'Europa e la Cina, coltivando la sua passione per lo studio di società e culture. Dottoranda a Berlino, ama scrivere di cinema, viaggi e letteratura. Si ritiene democratica e aperta alla critica, purché non sia rivolta ai libri di Harry Potter.

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