“Che fina ha fatto Bernadette?”: l’arte della fuga secondo Cate Blanchett

I bilanci dell'età adulta nella storia di un architetto di successo, attabagliata da dubbi e idiosincrasie

Un film di Richard Linklater. Con Cate Blanchett, Billy Crudup, Kristen Wiig, Laurence Fishburne, Emma Nelson. Commedia, 104′. USA 2019

Seattle. Elgin e Bernadette sono una coppia con figlia (Bee), benestante e apparentemente felice. Elgin, però, è sempre più occupato a sviluppare il proprio progetto per Microsoft, mentre Bernadette vive con difficoltà crescente i rapporti con il vicinato e la sua condizione di casalinga. Perché Bernadette, anche se nessuno lo sa, era uno dei più brillanti architetti d’America. Quando l’equilibrio tra le tensioni contrapposte sembra cedere, Elgin decide di correre ai ripari e di intervenire, prima che la depressione della moglie abbia il sopravvento.

 

La protagonista del film “Che fine ha fatto Bernadette?” di Richard Linklater, adattamento del romanzo di Maria Semple, edito in Italia da Rizzoli, ci viene presentata come una donna nevrotica, che si aggira in una enorme casa semi-abbandonata in una piovosissima Seattle.

Ma Bernadette Fox – interpretata da una strepitosa Cate Blanchett – è davvero solo una madre sull’orlo di una crisi di nervi, con un marito dirigente Microsoft, Elgin (Crudup), e una figlia adolescente, Bee, una donna incapace di avere rapporti umani dignitosi fosse anche soltanto con i vicini di casa?

In verità la donna – ma lo scopriamo soltanto a pellicola in corso – è un’artista in piena crisi creativa, un’archistar atipica e sorprendente, fuggita da Los Angeles in seguito a un fallimento professionale. Rintanatasi a Seattle, voleva rilanciarsi partendo dalla sua nuova casa, un ex collegio femminile, ma i casi della vita hanno scombinato i suoi piani.

La creatività frustrata e messa all’angolo l’hanno intrappolata in un tunnel di paure, ansie e nevrosi. Ma quando la figlia chiede un viaggio in Antartide come premio per l’eccellente pagella tutto va in frantumi e Bernadette, messa all’angolo dal marito, sceglie la fuga

Il film di Linklater si regge tutto, ma purtroppo soltanto, sulla strepitosa interpretazione della Blanchett, candidata ai Golden Globe, che un po’ ricorda quella in “Blue Jasmine” di Woody Allen.

La storia, tuttavia, è debole, anche perché la svolta per Bernadette avviene per caso e in modo così repentino da far sembrare i suoi malesseri precedenti faziosi e inconsistenti. Da lasciare senza fiato, invece, la fotografia di Shane F. Kelly che, soprattutto nella seconda parte, regala inquadrature polari veramente stupefacenti.

 

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Elena D'Alessandri
Laureata in sociologia, un master in relazioni internazionali e uno in interpretariato e traduzione, dopo sei anni ad IsICult come ricercatrice prima e responsabile di ricerca poi, dal 2015 al 2018 ha lavorato come ricercatrice associata presso l'Istituto Universitario Europeo (EUI) di Firenze. Come giornalista ha collaborato con "Il Manifesto", con il mensile del Gruppo Il Sole24Ore, "Millecanali" e con "L'Opinione". Attualmente scrive per "Il Giornale Off", per "Articolo21" e per "Mentelocale", occupandosi di cultura e cinema.

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