“Cùntami”: un road movie sull’epicità popolare di Giovanna Taviani

La Sicilia dei pupari e delle narrazioni orali secolari in un documentario affascinante

Un film di Giovanna Taviani. Documentario, 70′. Italia 2021

Giovanna Taviani percorre le strade della Sicilia alla ricerca di chi tiene viva nel presente la tradizione dei pupari e dei cantastorie. Prende le mosse da una colonna portante di questa forma di espressione artistica, Mimmo Cuticchio, per poi allargare il campo a chi con lui ha collaborato magari prendendo poi una strada autonoma e a chi comunque alimenta un’inestinguibile passione per questa forma di narrazione che ha radici ancestrali.

 

Il desiderio di raccontare è insito nell’animo umano, connaturato alla nostra stessa natura – basti pensare ai poemi omerici che, con buona probabilità, sono nati come narrazioni orali e poi trascritti in un secondo momento. 

In dialetto siciliano “cùntare” significa proprio raccontare, ma dietro questa espressione – e io da siciliano doc lo so bene – si cela un mondo, una tradizione, uno stile di vita. Quello dei cunti, appunto, e dei cantastorie, pochi, che ancora oggi tengono vivo questo leggendario mestiere. 

Il documentario “Cùntami” di Giovanna Taviani, presentato nelle Notti Veneziane delle Giornate degli autori 2021, accompagna il pubblico in un viaggio on the road sulle orme di storie e personaggi secolari che hanno però un forte legame anche con il presente. Cinque tappe su un furgone rosso, che ricorda i carretti siciliani del dopoguerra, e cinque incontri con la tradizione dei Pupi, dal 2001 anche patrimonio dell’Unesco. 

Si inizia da Palermo, dove la regista incontra Mimmo Cuticchio, primo e ultimo cuntista e puparo vivente, che oggi si fa chiamare “il nuovo cuntista dei naufraghi”. Cuticchio parla del suo teatro e della sua formazione, degli antichi maestri da cui ha appreso il mestiere e dei suoi esordi.

Poi ci si sposta a Partinico, nelle terre di Danilo Dolci e Peppino Impastato, dove Vincenzo Pirrotta ci cunta di Orlando per denunciare i latitanti mafiosi che ancora oggi si nascondono in territorio siciliano. Gaspare Balsamo, a Trapani, tra gli studi di una radio locale, le tonnare abbandonate e i mulini a vento, ci racconta dell’incontro tra Don Chisciotte e Peppino Impastato, ma anche della fuga di Ulisse dalle grinfie del Ciclope ubriaco.

Mario Incudine, a Gela, tra i resti del Petrolchimico e nelle cave di Caltanissetta ci canta il “Lamentu di Turiddu Carnevale” scritto da Ignazio Buttitta per Ciccio Busacca, il racconto del sogno infranto di chi aveva creduto nel progresso in Sicilia. 

Queste tre tappe che potremmo dire accomunate da un’anima politica e ambientale sono le meno riuscite. Se da una parte sono visivamente magnifiche, potendo contare sulle bellezze naturali della Sicilia, dall’altra i cunti in quanto tale non sono particolarmente incisivi o coinvolgenti, perché i tre cantastorie, a mio modesto parere , si dimenticano quasi di essere il mezzo attraverso cui la storia rivive, e si concentrano invece troppo sulle rispettive performance.

Giovanni Calcagno, a Paternò, dove ha sede la casa del cantastorie, e a Piedimonte Etneo, dove la terra ancora trema, e dove l’ex saltimbanco e artista di strada, ora volto noto di cinema e televisione, vive senza luce né acqua in assoluta solitudine, cunta del poeta innamorato e solitario che fu inghiottito dal vulcano e della solitudine del Ciclopuzzo innamorato, che proprio qui aveva la sua dimora. In questo caso la performance è buona ma forse eccessivamente lunga e sopra le righe. 

Il viaggio si conclude laddove è iniziato, a Palermo, dove Mimmo Cuticchio, sotto le vesti di Don Chisciotte, percorre corso Vittorio Emanuele su un cavallo bianco portato da Yousif Latif Jaralla, narratore orale iracheno che ha imparato l’arte del cunto proprio da Cuticchio, nelle vesti di Sancho Panza (lo vedete nell’immagine qui sopra).

Un finale poetico quanto comico che dimostrare come la cultura e l’arte siano valori universali, trasferibili, che possono aiutare a costruire un ponte tra popoli e culture diverse. Un messaggio che non passa mai di moda, da cùntare e ricùntare

 

Il biglietto da acquistare per “Cùntami” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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