Divergent, Veronica Roth

Dopo la firma della Grande Pace, Chicago è suddivisa in cinque fazioni consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l’amicizia per i Pacifici, l’altruismo per gli Abneganti e l’onestà per i Candidi. Beatrice deve scegliere a quale unirsi, con il rischio di rinunciare alla propria famiglia. Prendere una decisione non è facile e il test che dovrebbe indirizzarla verso l’unica strada a lei adatta, escludendo tutte le altre, si rivela inconcludente: in lei non c’è un solo tratto dominante ma addirittura tre! Beatrice è una Divergente, e il suo segreto – se reso pubblico – le costerebbe la vita. Non sopportando più le rigide regole degli Abneganti, la ragazza sceglie gli Intrepidi: l’addestramento però si rivela duro e violento, e i posti disponibili per entrare davvero a far parte della nuova fazione bastano solo per la metà dei candidati. Come se non bastasse, Quattro, il suo tenebroso e protettivo istruttore, inizia ad avere dei sospetti sulla sua Divergenza…

E alla fine, eccoci qui a recensire il tanto chiacchierato, criticato e osannato “Divergent“. Vorrei iniziare spendendo due parole proprio su questo punto: è un reato, leggere un libro pensato per un pubblico di giovani (young adult, per essere fedeli alla definizione) e di cui nell’ultimo periodo si parla tantissimo? È un’azione condannabile, tanto da doverla quasi nascondere e doversene vergognare?

Le opinioni delle persone – dei lettori, nello specifico – quando si parla di best-seller e casi mediatici mi lasciano sempre un po’ perplessa. Solo nell’ultimo anno ho visto ripetersi la stessa caccia alle streghe con le “50 sfumature” della James – tremende, ma perché sparare sulla Croce rossa?! -, poi con “La verità sul caso Harry Quebert” di Joël Dicker e adesso, appunto, con la serie distopica di Veronica Roth.

Io faccio parte di quella parte di pubblico che pensa che ognuno sia libero di leggere quello che vuole, che ogni libro – a modo suo – meriti, fosse solo perché capace di farci sognare/staccare la spina/volare con la fantasia. In Italia si legge già così poco che penso sia inutile, per non dire deleterio e controproducente, mettersi anche a fare i moralisti e gli spocchiosi, criticando certi titoli e facendo quasi vergognare chi ha scelto di leggerli.

Detto questo – perdonatemi se mi sono dilungata più delle due parole promesse – passiamo a parlare del libro, che non mi vergogno di ammettere di aver letto. Il fatto di aver preso in mano il romanzo a poche settimane dalla visione dell’omonimo film al cinema (buffo che, come per “Hunger Games”, sia stata la pellicola a farmi scoprire l’esistenza della serie e non viceversa) non ha contribuito a rendere la lettura avvincente. In sintesi sapevo già quello che sarebbe successo, ma nonostante questa mancanza di suspense ho apprezzato l’idea della scrittrice, il mondo che ha immaginato, la divisione in Fazioni. Non mi posso definire un’esperta assoluta del genere distopico, però per me è stato tutto nuovo, innovativo, e questo non può non essere un bene.

Avendo visto il film, posso invece dire che il cinema ha reso giustizia al romanzo per quello che riguarda l’impianto generale della storia, i personaggi principali e gli avvenimenti più importanti. Quello che forse è mancato al film – ma se non avessi letto il libro non avrei notato questa assenza – è la presenza di alcuni caratteri “minori”, che in Divergent hanno comunque un ruolo e sul grande schermo sono stati del tutto sacrificati – mi riferisco a Uriah, Lynn e tutti gli altri iniziati Intrepidi non trans-fazione, ma figli a loro volta di Intrepidi. Sono curiosa di capire come verranno introdotti nel secondo film, visto che il loro peso nella storia è destinato ad aumentare.

Tornando al libro, per me il principale problema sono i due protagonisti. Sopratutto Tris. Anche se non si dovrebbe cedere alla tentazione di fare parallelismi banali tra questa trilogia e quella di Hunger Gamesil confronto tra le storie e soprattutto tra le due eroine viene quasi naturale. E Beatrice Prior, che sceglie il nome di Tris, non regge il confronto. Il suo mondo è crudele in modo diverso rispetto a quello di Katniss, ma è comunque un mondo difficile e spietato – perché è vero che nella Chicago delle Fazioni non vengono estratti a sorte dei ragazzi da far combattere fino alla morte per il divertimento del pubblico, ma il fatto di dover scegliere a 16 anni il proprio destino, tagliare i ponti con la famiglia, venire addestrati e iniziati in modi tutt’altro che pacifici non sono comunque una passeggiata di salute. Però lei è infantile, una ragazzina in 1.000 modi diversi. In Katniss non si avverte quasi mai questo lato giovane, in Tris continuamente.

Per non parlare poi della “cotta” per Quattro/Tobias. Più si va avanti e più sembra quello – e non il complotto degli Eruditi, le simulazioni, le vite a rischio – il centro del romanzo. Ora se è vero che la storia d’amore tra i protagonisti, storia difficile, sofferta e via dicendo, è quasi un elemento obbligato in libri come questi… a me personalmente non è piaciuto il modo in cui è stata gestita. Tris sembra troppo spesso un’adolescente alle prese con sbalzi ormonali. E che cavolo! Datti una regolata!

Parliamo invece di Quattro. Il suo personaggio è stata una mezza delusione, perché me lo aspettavo forte e adulto e granitico, e invece impiega troppo poco tempo a sciogliersi e a trasformarsi nel perfetto esemplare del 18enne innamorato. Anche questo, considerando il genere, ci sta, ma continuo a pensare che far conservare al personaggio un po’ più di mascolinità e spina dorsale non avrebbe guastato.

Insomma, vale o no la pena di leggere questo fantomatico Divergent? Sarò impopolare tra i lettori più esigenti, ma secondo me sì. Vale la pena leggerlo se ne avete voglia, non per dimostrare qualcosa a qualcuno, ma semplicemente perché vi va. Vale la pena se le trilogie che mescolano amore e azione non vi fanno storcere il naso, se siete pronti a trovarvi davanti uno stile talvolta un po’ semplificato e alcune frasi che potrebbero farvi pensare: “Ma chi l’ha scritto?”. Vale la pena se non vi siete ancora stancati di vedere cosa si sono immaginati gli scrittori per il nostro futuro, per il futuro della Terra. Non sarà un capolavoro con la C maiuscola, ma resta comunque un libro piacevole, che si legge in poco tempo. E a me ha fatto venire la curiosità di sapere cosa succede poi, per cui…





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