“Domina”: una guerra del trono ante litteram, tra passione e sangue

La maxi-produzione Sky è accurata dal punto di vista scenografico, ma a tratti eccessiva

Una serie ideata da Simon Burke. Con Nadia Parkes, Tom Glynn-Carney, Enzo Cilenti, Oliver Huntingdon, Alexandra Moloney, Melodie Wakivuamina, Liam Cunningham, Kasia Smutniak, Matthew McNulty, Ben Batt, Christine Bottomley, Colette Dalal Tchantcho, Claire Forlani, Finn Bennett, Earl Cave, Liah O’Prey. Drammatico, biopic, storico. Italia, Regno Unito. 2021-in produzione

Livia Drusilla, figlia di un senatore romano di forti sentimenti repubblicani, assiste alla rovina della propria famiglia per mano degli uomini di Gaio Cesare Ottaviano, il futuro imperatore Augusto. Prigioniera di un matrimonio infelice, per salvare se stessa e i due figli è proprio allo storico nemico che si rivolgerà in cerca di aiuto. Sposando Gaio Cesare diventa la donna più potente di Roma, e affianca il marito, che nel tempo impara ad amare, con astuti consigli politici e spregiudicate azioni a volte illecite.

 

Chi ha bisogno dell’immaginazione, quando i libri di storia e i documenti ufficiali raccontano storie di tradimenti, passioni e spargimenti di sangue come nessuno sceneggiatore potrebbe mai inventare di sana pianta?

Disponibile da venerdì 14 maggio su Sky on demand e NOW, la maxi-produzione italo-britannica “Domina” può contare su una regia accurata, un’attenta ricostruzione del periodo storico e un grande cast (che comprende attori giovani e altri maturi, per dare un volto credibile ai personaggi man mano che passa il tempo).

La serie copre un periodo di tempo di circa vent’anni, dal 43 a.C., un anno dopo l’assassinio di Giulio Cesare a opera dei repubblicani, al 22 a.C., quando l’Impero si sta consolidando ormai come realtà di fatto.

I primi due episodi sono una sorta di premessa; ci mostrano la giovane Livia Drusilla (una Nadia Parkes davvero convincente) alla prese col primo matrimonio e poi con le conseguenze della sconfitta di Bruto e Cassio e la morte dell’amato padre (un Liam Cunningham che avremmo voluto vedere più a lungo).

Nonostante tutti “i giovani” siano sul pezzo e davvero bravi, ho apprezzato soprattutto il personaggio di Gaio Giulio (interpretato dal britannico Tom Glynn-Carney, che abbiamo già visto in “Dunkirk”). Del futuro imperatore Augusto film, serie televisive e romanzi non ci rimandano mai un’immagine molto lusinghiera, forse perché molte storie sono raccontate dal punto di vista dei suoi oppositori – Cleopatra e Antonio, ad esempio – e quindi “il figlio” di Giulio Cesare svolge sempre il ruolo del “cattivo”.

Ecco, dimenticate quello che avete visto e letto fino a oggi! Perché questo Gaio Giulio non è solo un machiavellico senza scrupoli, vendicativo e bruttino (sì, Augusto nei film e nelle serie è sempre bruttino). In “Domina” è un machiavellico senza scrupoli, vendicativo, ma affascinante, seduttore incallito (come ci è stato tramandato essere stato Giulio Cesare), spaventoso nella sua feroce volontà di conquistare il potere. Poco importa se per farlo deve passare sopra un centinaio – o migliaio! – di cadaveri. Un personaggio sfaccettato e bellissimo, che vorremmo veder complottare e interagire – soprattutto con il fido Agrippa – ancora e ancora.

Con l’età e il matrimonio con Livia Drusilla, a partire dal terzo episodio fino all’ottavo, il personaggio per certi versi si ridimensiona, lasciando brillare la consorte. Certo, Augusto – interpretato nei sei episodi finali da Matthew McNulty – è il padrone di Roma, ma tra un episodio in cui è malato e quasi prossimo alla morte, quindi allettato, un altro dove è a combattere in Spagna, un altro ancora dove l’azione si svolge a Baia e lui è a Roma, lo si vede meno.

Ho apprezzato molto la veridicità della ricostruzione. Come dichiarato da scenografi e costumisti nelle interviste, la Roma di “Domina” è meno dorata e perfetta di quella che molto spesso abbiamo visto al cinema e in televisione, ma sicuramente più realistica. Non ci troviamo davanti un paesaggio edulcorato e ambienti artificialmente puliti, ma verosimilmente quello che i personaggi si sono trovati davvero davanti ai loro tempi.

Certo, se alcuni passaggi come i rituali preparatori per un matrimonio (leggi, la depilazione), la nuda realtà dei sacrifici animali, la drammaticità del parto danno concretezza e non disturbano, personalmente ho trovato un po’ troppo insistente la presenza della toilette… È naturale, anche gli antichi romani facevano la pipì, ma era davvero necessario far svolgere conversazioni su conversazioni “sopra il cantero”?

Ci sono poi anche alcune forzature ed esagerazione, come la storyline di Antigone “l’avvelenatrice” (a mio parere mantenere un maggiore alone di mistero sarebbe stato meglio); dei personaggi, soprattutto femminili, troppo macchiettistici e quasi caricaturali; alcuni dialoghi poco credibili, più adatti a una soap brasiliana che a una serie pensata come risposta a “Game of Thrones” o alle maxi-produzioni Netflix.

Quando si tratta di romanzare la storia antica, purtroppo, il rischio di calcare troppo la mano – vedi l’americanata “Troy” o quasi tutti i film ambientati nell’antico Egitto – è sempre presente e forte. Mantenere un tono neutrale e piano, se si decide di procedere in questo senso e non con serie/film volutamente caricati alla “300”, è difficile.

Nemmeno “Domina” riesce completamente nell’impresa. Il risultato finale, comunque, è gradevole, accattivante. Otto episodi che si guardano con piacere. E lasciano con il desiderio di sapere cos’è successo dopo… e per fortuna, per questo basta fare un salto su Wikipedia – aspettando un’ipotetica seconda stagione, s’intende. 

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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