Editori tradizionali ed ebook di qualità: matrimonio possibile?

di Davide Martini

Apriamo oggi una serie di riflessioni – tre, per essere precisi – che hanno come oggetto gli ebook e nello specifico l’evoluzione, o non evoluzione, di questi prodotti.

Nel corso degli ultimi anni gli editori hanno convertito una cospicua parte del proprio catalogo in ebook. Se molti sono convinti di aver fatto un ottimo lavoro, con questi cosiddetti “libri convertiti”, pensare di essere solo all’inizio di un’opera più grande sarebbe forse un atteggiamento più produttivo.

I libri digitali in versione 1.0 non bastano più, e gli editori dovrebbero entrare nell’ottica di concepire l’ebook come un prodotto software. È da questo punto che prende il via la riflessione di Benjamin Denckla che noi riproponiamo per il pubblico italiano.

Ma facciamo un passo indietro. Perché gli editori hanno iniziato a fare conversioni delle loro pubblicazioni?
1. Hanno pensato che si potesse speculare sulla vendita degli ebook, specialmente nel momento in cui la conversione tra un formato e l’altro è diventata più economica;
2. Nonostante fossero scettici sulle possibilità di guadagno, la conversione tra formati era così economica che valeva la pena diversificare i rischi di mercato;
3. Hanno temuto una rappresaglia di Amazon contro le vendite cartacee se non si fossero adeguati agli standard Kindle.

Ciò che vogliamo sottolineare è che le conversioni di bassa qualità sono un prodotto rischioso da immettere nel mercato editoriale. Gli editori hanno compiuto una scelta sensata, inizialmente, perché in questo modo sono entrati nel mercato digitale con rapidità e con un basso investimento. Ma questi prodotti dovrebbero essere considerati una versione 1.0. L’editoria dovrebbe passare a una seconda conversione, ad alta qualità stavolta. Gli ebook dovrebbero essere considerati dei software, che possono avere bug che devono essere corretti e in generale che necessitano di cambiamenti di base legati all’evoluzione della tecnologia.

Che gli editori possano comprendere il nuovo campo dove si sono inseriti non è scontato. Il mondo del software è in continua evoluzione, tanto che persino le aziende che vi operano non hanno compreso a pieno tutte le dinamiche.

Gli editori, durante gli ultimi quattro secoli, hanno sviluppato sistemi per il controllo qualità che hanno restituito un basso tasso di errori e sono stati in grado di correggere quei pochi difetti che di tanto in tanto si sono presentati. Un processo simile a quello utilizzato oggi per i software, non vi pare? I software hanno dei bug che devono essere corretti. Allo stesso modo, i libri stampati possono presentare errori da correggere.

Se anche è vero che gli editori non se ne intendono molto di software, sono invece degli esperti nel controllo qualità sulle prime edizioni e nella correzione di bozze nelle edizioni successive. Applicare queste abilità al mondo del digitale è davvero un’impresa impossibile?


Vi lasciamo con queste riflessioni sullo “stato dell’arte” e vi diamo appuntamento alla seconda parte dell’articolo, dove parleremo più nello specifico dei motivi per cui gli editori non sembrano prendere sul serio la qualità dei loro prodotti digitali. 

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