“Elegia americana”: un film semplice che coglie l’essenza di una famiglia

Amy Adams in stato di grazia, Glenn Close immensa nel film ispirato all'autobiografia di J.D. Vance

Haley Bennett (Lindsay), Gabriel Basso (J.D. Vance) e Amy Adams (Bev). Foto Cr. Lacey Terrell/NETFLIX © 2020

Un film di Ron Howard. Con Amy Adams, Glenn Close, Haley Bennett, Freida Pinto, Sunny Mabrey, Bo Hopkins. Drammatico, 116′. USA 2020

i è un brillante studente di diritto a Yale ma la vita non gli ha fatto sconti. Figlio di una madre instabile e tossicomane, è cresciuto dalla nonna determinata a mostrargli la via per il “sogno americano”. Alla vigilia di un colloquio da cui dipende il suo futuro, una crisi familiare lo costringe a rientrare in Ohio. Ritrovare il genitore di nuovo in ambasce, riapre ferite e risveglia il passato. Un passato difficile che J.D. saprà riscattare e piegare a un avvenire migliore.

 

Tratto dal romanzo omonimo di cui è autore lo stesso Vance, “Elegia americana” di Ron Howard si allontana dai temi politici trattati nel libro per concentrarsi sull’aspetto familiare e sentimentale attorno al quale ruota la conquista del fantomatico sogno americano.

Si capisce fin da subito, a partire dal poetico titolo (ricordiamo che l’elegia è un componimento letterario, una sorta di confessione autobiografica o piuttosto uno sfogo sentimentale), quali siano gli intenti del regista che nel racconto alterna momenti del presente e del passato di J.D. analizzando il rapporto contrastato con la madre (una Amy Adams in stato di grazia, consumata da un ruolo complesso, affranta nello sguardo e nel corpo come mai prima d’ora), con l’amorevole e severa nonna (una Glenn Close immensa) e quello con la protettiva sorella, interpretata dalla bellissima Haley Bennett.

L’idea di alternare i tempi narrativi tra passato e presente rende la pellicola piacevole da seguire e scorrevole. Il lavoro di Howard lascia spazio ai personaggi, tutti caratterizzati, a modo loro, da un forte personalità che garantisce l’immediata empatia con il pubblico che viene reso partecipe di una storia semplice, nonostante i toni estremamente drammatici.

Anche se a volte il perbenismo sembra poter prendere il sopravvento, la consapevolezza che i fatti descritti siano biografici contestualizza il racconto rendendolo un semplice strumento narrativo che si avvale di interpretazioni intense. “Elegia americana” non scava particolarmente nel profondo, ma riesce comunque a cogliere l’essenza di una famiglia e dei suoi valori, che nonostante il tempo che passa restano immutati a governare il vuoto circostante.

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Concetta Piro
Nata a Napoli, a otto anni si trasferisce in provincia di Gorizia dove si diletta di teatro. Torna nella sua amata città agli inizi del nuovo millennio e qui si diploma in informatica e comincia a scrivere - pensieri, racconti, per poi arrivare al primo romanzo, "Anime". Nel frattempo ha cambiato di nuovo città e scenario, trasferendosi nelle Marche. Oggi conduce per RadioSelfie.it "Lo chiamavano cinema", un approfondimento settimanale sulla settima arte, e scrive articoli sullo stesso tema.

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