Fabio Grassadonia e Antonio Piazza presentano “Sicilian ghost story”

I due registi palermitani parlano di mafia declinata in tv, del futuro della Sicilia, del loro nuovo film

I registi Fabio Grassadonia e Antonio Piazza.

È difficile partecipare attivamente alla conferenza stampa di presentazione di un film che non hai avuto modo di vedere.

Il Festival di Cannes è iniziato da pochi giorni, eppure il vostro invito già arranca in mezzo a un programma sterminato, ricco di eventi che si svolgono per lo più in contemporanea e costringono a scelte dolorose.

Una delle più difficili è stata quella di rinunciare alla proiezione stampa di “Sicilian Ghost Story”, opera seconda dei registi palermitani Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, lanciati nel 2013 dall’intenso e poetico “Salvo”.

Lasciando alla collega e amica Federica Rizzo il compito di recensirlo, voglio spendere qualche parola sulla conferenza stampa di presentazione, assai diversa da quelle dove registi e attori cercano in sintesi di vendere il loro prodotto e poco altro.

Grassadonia e Piazza hanno trasmesso fin dalla prima battuta una comune idea di cinema, d’impegno civile e soprattutto un sincero eppure assai critico amore nei confronti della Sicilia.

Il loro desiderio di raccontare una storia tragica e amara di mafia di cui è stato vittima, nel novembre 1993, Giuseppe Di Matteo attraverso il genere fantasy merita sicuramente più di un’attenzione.

Ma come si prepara, un film di questo tipo, da tutti definito molto originale?

In un primo momento i due registi hanno studiato approfonditamente le carte processuali del caso, poi, forti di questo background realistico, si sono ispirati al racconto “Un cavaliere bianco” di Marco Mancassola per scrivere una sceneggiatura che sapesse coniugare finzione e realtà in modo credibile ed efficace. A seguire c’è stata la lunga e complicata fase dei casting, svolta nelle scuole siciliane.

Secondo Grassadonia e Piazza oggi i media, il cinema e la tv parlano di mafia come fosse un tema qualsiasi, un semplice spunto narrativo per costruire storie prevedibili. Così facendo l’arte perde la sua forza critica, la possibilità di dare il là a un cambiamento. Entrambi i registi si sono detti un po’ stanchi del classico commissario siciliano che non fa altro che mangiare arancini e prendere il sole, un chiaro riferimento a Montalbano.

Com’è la situazione in Sicilia oggi per la chi vive ogni giorno? Ci sono stati dei miglioramenti?

“Oggi dalla Sicilia sono scappati tutti – ha risposto amaramente Frassadonia. – Sono rimasti solo dei nani a livello politico, morale ed economico. Che cosa possiamo aspettarci da loro?”

Piazza ha voluto però aggiungere che, durante la lavorazione del film, vivendo accanto a tanti giovani ha anche potuto respirare un po’ di ottimismo per il futuro della malconcia isola.

Terminata la conferenza stampa ho avvicinato Antonio Piazza per chidergli se ritiene anche la comicità di Ficarra e Picone inadeguata.

A sorpresa, il regista ha tessuto le lodi del duo palermitano e del loro “L’ora Legale”, sostenendo che in questo caso il film ha raccontato con efficacia e bravura uno dei mali tipici dei siciliani, la ritrosia al rispetto delle regole.

Dopo aver ascoltato le idee e aver apprezzato l’onesta intellettuale di Grassadonia e Piazza, il desiderio di vedere il loro nuovo film è ancora più forte. Voi che dite?

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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