“Felicità”: l’opera prima di Micaela Ramazzotti, pungente e riuscita

Il film mette a nudo limiti e disagi della famiglia tradizionale, facendo cadere i miti

Un film di Micaela Ramazzotti. Con Anna Galiena, Micaela Ramazzotti, Sergio Rubini, Max Tortora, Matteo Olivetti. Drammatico, 104′. Italia 2023

Questa è la storia di una famiglia storta, di genitori egoisti e manipolatori, un mostro a due teste che divora ogni speranza di libertà dei propri figli. Desirè è la sola che può salvare suo fratello Claudio e continuerà a lottare contro tutto e tutti in nome dell’unico amore che conosce, per inseguire un po’ di felicità.

 

Da bambini abbiamo considerato i nostri genitori esseri perfetti, invincibili, disposti a dare persino la vita per noi. Abbiamo anche creduto che la famiglia sarebbe sempre stata un porto sicuro, un luogo a cui fare ritorno con fiducia.

Crescendo, però, abbiamo smesso di credere a Babbo Natale e a tante altre favole, inclusa quella della famiglia serena e perfetta del Mulino Bianco. E abbiamo fatto i conti con la realtà delle cose, con le famiglie disfunzionali, i traumi subiti nel corso dell’infanzia, i genitori orchi e tanto altro.

Il cinema italiano ha colmato il vuoto in seconda battuta rispetto alla psichiatria, e con risultati altalenanti. Ed è stata quindi una piacevole sorpresa, per il sottoscritto, assistere alla proiezione di “Felicità”, opera prima di Micaela Ramazzotti a Venezia.

Un film dal titolo volutamente provocatorio, che ritrae un affresco amaro e disturbante di una famiglia sulla carta normale ma nei fatti coacervo di brutti pensieri e brutti sentimenti. “Colpa” di due genitori egoisti e incapaci di prendersi cura dei figli.

Desirè (Ramazzotti) si è parzialmente emancipata, andando a vivere da sola e trovandosi un lavoro. Il fratello Simone – un buon Matteo Olivetti –, invece, è rimasto nella casa di famiglia, finendo per venire schiacciato dai desideri e dalle inclinazioni di mamma e papà.

“Felicità” mette a nudo i limiti e i disagi della famiglia tradizionale, mostrando quanto il comportamento dei genitori incida sul carattere e sulla psiche dei figli. Nonostante qualche imperfezione nella sceneggiatura, il film colpisce e spinge il pubblico a sentirsi parte di questo nucleo disastrato. E a tirare un sospiro di sollievo alla fine.

Previous article“Dogman”: il nuovo film di Luc Besson, commovente, claustrofobico, violento
Next article“Adagio”: Roma brucia, letteralmente, nella crime story di Stefano Sollima
Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here