Festival del cinema di Cannes | Quando i film in concorso sono una delusione

Gentile Thierry Frémaux, direttore artistico del Festival di Cannes, e spettabile Commissione selezionatrice dei film in concorso,

ho deciso di scriverVi questa lettera aperta spinto da un forte sentimento d’amore per il cinema e dal rispetto che nutro per le vostre persone.

Siete stati molti cortesi ad accogliermi in questo importante Festival, dandomi la possibilità di confrontarmi con i colleghi giornalisti di tutto il mondo. Essere a Cannes è un’esperienza davvero straordinaria, unica, che porterò sempre nel cuore e, perché no, mi auguro di ripetere anche i prossimi anni.

So bene che siete dei fini conoscitori del mondo cinematografico e sicuramente non avrete bisogno di consigli in materia. E ciò nonostante mi permetto di scrivervi, per esprimere un punto di vista.

Sicuramente conoscerete la saga del ragionier Ugo Fantozzi, interpretato da Paolo Villaggio. Senza tirarla troppo per le lunghe, in un episodio della serie Fantozzi diventa critico cinematografico e per giudicare il celebre film “La corazza Potëmikn” di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn usa una frase che noi italiani abbiamo poi fatto nostra, eleggendola a modo di dire: “È una cagata pazzesca”.

Una scena del film Cristi Puiu “Sieranevada”

Ebbene, gentili Signori, questa frase mi sta risuonando nella mente dopo aver visto, in rapida successione, “Sieranevada” di Cristi Puiu, “The Neon Demon” di Nicolas Winding Refn e “The Last Face” di Sean Penn. Sono tre film da voi ritenuti validi, meritevoli di partecipare al concorso. E questa scelta mi spinge a farvi delle domande.

La prima domanda: ma i film in questione li avete visti, dall’inizio alla fine, prima di selezionarli, oppure vi siete addormentati anche prima di metà? Siate onesti, perché se anche la risposta fosse la seconda non ci sarebbe niente di male – dal momento che sono stati tanti i colleghi, in sala, a cadere in un sonno profondo.

Secondo quesito: perché avete ritenuto che osservare la vita di una famiglia rumena per un’intera giornata, all’interno di un appartamento, potesse essere interessante? Quando ritmo e pathos narrativo sono pari a zero è difficile che qualcos’altro possa salvare un film. “Sieranevada” è stato sì applaudita dalla critica, ma ritenete che lo spettatore medio avrà la pazienza di sorbirsi quasi tre ore di quotidianità, se ha deciso di pagare per evadere per un po’ dalla sua?

Terzo: perché avete dovuto seguire le mode e far partecipare al concorso Nicolas Winding Refn, acclamato regista di “Drive”, se col suo ultimo film ha praticamente deciso di suicidarsi artisticamente? Il mondo della moda è stato protagonista, nel corso del tema, di diversi film – commedie, drammi, romance -; Refn ha scelto di puntare sull’horror. Il problema è che l’unico grido spontaneo che al pubblico viene voglia di fare è quello a metà proiezione, per dire: “Basta, pietà. Sospendete la proiezione”.

La protagonista dell’horror “The Neon Demon”

Refn ha provato a trasmettere il messaggio che la moda divora tutto e tutti con una ferocia e cattiveria pari a quella di alcuni spietati serial killer. Il problema è il modo in cui viene veicolato questo messaggio, attraverso una sceneggiatura inesistente e un film che punta soprattutto sulle immagini, che diventa presto un vero e proprio incubo per chi guarda.

Quarta e ultima domanda: perché avete voluto tirare fuori “The Last Face” di Sean Penn dal limbo in cui stazionava da oltre un anno? Magari se era rimasto lì un motivo c’era. Stimo molto Penn, sia come attore che come autore; seguo Charlize Theron e Javier Bardem da anni. Sulla carta avevamo tre Premi Oscar per raccontare il dramma delle guerre silenziose, ignote al grande pubblico, che ogni giorno si combattono in Africa e l’importanza di associazioni come Medici senza frontiere nel dare sostegno ai civili, martoriati da fame e povertà.

Sean Penn è un artista impegnato e ciò nonostante ha messo in scena un film insulso e imbarazzante, a metà strada tra un melo e una posticcia ricostruzione degli orrori della guerra. Puntare sull’amore tra due bei medici volontari con le sembianze della Theron e di Bardem, strizzando quindi l’occhio al lato commerciale della vicenda, finisce per svilire l’aspetto più importante, ovvero quello umanitario e divulgativo.

Javier Bardem e Charlize Theron in una scena di “The Last Face”

“The Last Face” è un brutto film senz’anima, che porta quasi il pubblico a ridere piuttosto che a commuoversi. È un film costruito a tavolino, un vero disastro, meritevole più delle temute Pernacchie d’Or che di un Oscar.

Cari Direttore e Commissione, è lo spettatore il destinatario ultimo di un film e come tale va rispettato e tutelato. Con questi tre film non avete, a mio avviso, adempiuto a questo impegno. “Sieranevada”, “The Neon Demon” e “ The Last Face” sono inclassificabili e come tali da evitare come la peste, per il bene del portafoglio e non solo.

Dopo aver visto queste tre pellicole non posso non rivalutare l’amata “Corazzata Potemkin” e invitarvi a vedere quanto prima la saga di Fantozzi, per ammirare dei film, quelli sì, degni di Cannes.

Con stima,
Vittorio De Agrò





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