“Final portrait”: un film biografico e artistico con Geoffrey Rush

18 giorni delle vite del pittore Alberto Giacometti e dello scrittore James Lord e un ritratto incompiuto

Un film di Stanley Tucci. Con Geoffrey Rush, Armie Hammer, Clémence Poésy, Tony Shalhoub, James Faulkner. Biografico, 90’. Gran Bretagna, 2017

Parigi, 1964. L’artista svizzero Alberto Giacometti gode di successo indiscusso, ma questo non lo distoglie da una vita disordinata, sempre ai limiti della decenza e dell’igiene. Giunto nella capitale francese, lo scrittore americano James Lord gli commissiona un proprio ritratto. L’uomo pensa sia questione di pochi giorni ma – data la natura mercuriale di Giacometti – l’opera diventerà un’impresa nel tempo e nella pazienza del giovane. Dopo una ventina di giorni Lord ripartirà con il quadro, rimasto inevitabilmente incompiuto.

 

Non è veramente un Festival del cinema, se non si rinnova la sfida del caporedattore Turillazzi di ridurre almeno un po’ l’ignoranza culturale del vostro inviato, obbligandolo a vedere uno o più film incentrati sulla vita o sulle opere di scrittori, pittori o artisti.

A Torino 35 il supplizio si è materializzato nella forma di “Final portrait” di Stanley Tucci, ispirato all’autobiografia dello scrittore americano James Lord e del poeta svizzero Alberto Giacometti.

Mi sembra alquanto pleonastico sottolineare come, prima di prendere tra le mani il press book del TFF, io non avessi idea di chi fossero né l’uno – interpretato nel film da Armie Hammer – né l’altro – interpretato dal Premio Oscar Geoffrey Rush.

Il buon Stanely Tucci sentiva l’urgenza di condividere con il pubblico la genesi, le dinamiche e le condizioni emotive e psicologiche che legarono i due protagonisti per diciotto interminabili giorni, quanti ne servirono a Lord per spazientirsi e ripartire per gli Stati Uniti con un suo ritratto incompiuto a opera di Giacometti.

L’impianto del film – statico, rigido, freddo – risulta poco adatto al cinema. Forse una produzione per il teatro sarebbe stata più adatta.

La regia di Stanley Tucci è esperta, solida, precisa, abile a esaltare le doti di ogni componente del cast, tra cui spicca l’affascinante Clémence Poésy, nel interpreta Caroline, l’altra donna nella vita del pittore.

Nonostante le buone intenzioni – anche del caporedattore – difficilmente “Final portrait” spingerà un diversamente ignorante ad aprire un catalogo di pittura o un libro per saperne di più su Alberto Giacometti.

 

Il biglietto da acquistare per “Final portrait” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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