Un film di Paul Schrader. Con Ethan Hawke, Amanda Seyfried, Cedric the Entertainer, Michael Gaston, Mahaleia Gray. Drammatico, 108‘. USA, 2017

 

Se avete speranza per l’umanità e il pianeta vuol dire che non prestate attenzione. Non credo che l’uomo sopravvivrà a questo secolo. La mia generazione ha lasciato un pianeta rovinato ai propri figli.

Con queste parole di estremo ottimismo, il regista Paul Schrader conclude la conferenza stampa di presentazione del suo nuovo film, “First Reformed”.

Non temete, cari lettori, se anche voi, come me, tendete a vedere il bicchiere mezzo pieno invece di cedere alla negatività riuscirete lo stesso ad apprezzare il film. Anzi, forse lo apprezzerete anche più dei pessimisti. Perché questo è un capolavoro che si sviluppa piano piano, minuto dopo minuto, in un quieto crescendo.

Siamo alla First Reformed Church di Albany, stato di New York. Tutto intorno giardini curati, strade tranquille, case col portico. Mary (Seyfried) chiede al reverendo Toller (Hawke) di parlare con suo marito Michael, convinto ambientalista, che sta passando un periodo difficile.

Questo incontro metterà in discussione tutte le convinzioni del reverendo e riporterà a galla i traumi del suo passato, fino a che lui non sentirà il mondo crollargli intorno. Guarderà con nuovi occhi l’organizzazione di cui fa parte – la Chiesa – e vi troverà del marcio. E da qui partirà il suo dilemma morale: tollerare oppure agire?

Quello di Ethan Hawke è un uomo che ha perso tutto, che si interroga sulla vita – vista come un alternarsi di speranza e disperazione -, che sente il proprio corpo divorato dalla malattia ma affoga la sua follia nell’alcool. Sì, follia come perdita di ogni punto fermo, come voglia di distruzione totale.

E poi c’è l’amore. Dove la fede ha fallito forse il sentimento può vincere? Il rapporto con la giovane Mary tormenta e conforta Toller al tempo stesso e culmina nello splendido finale del film, così ambiguo da lasciare ogni spettatore libero di scegliere la sua interpretazione.

Hawke ammette di vedere speranza nel finale, ma non risposte e soluzioni. E noi rimaniamo interdetti appena lo schermo diventa nero.

È difficile conciliare emergenza climatica, dilemmi morali, religiosità, estremismo e amore in un’unica opera: “First Reformed” ci riesce, grazie a una regia di altissima qualità e a dei grandi interpreti.

E il film non spaventa, perché, nonostante l’evidente disperazione per il futuro del nostro mondo, a suo modo ci invita a non perdere la speranza. E ad augurarci di vedere Ethan Hawke sul palco degli Oscar l’anno prossimo.

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Valeria Lotti
Originaria della provincia di Roma, vive tra l'Europa e la Cina, coltivando la sua passione per lo studio di società e culture. Dottoranda a Berlino, ama scrivere di cinema, viaggi e letteratura. Si ritiene democratica e aperta alla critica, purché non sia rivolta ai libri di Harry Potter.

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