“Giorni felici”: recensione del romanzo di Brigitte Riebe edito da Fazi

Il secondo capitolo della trilogia "Le sorelle del Ku'damm" si concentra su Silvie Thalheim

Si torna nella Berlino del dopoguerra, dove la divisione tra Ovest e Est, tra ritorno alla normalità e privazioni, si fa sempre più marcata e drammatica, con Giorni felici di Brigitte Riebe, edito da Fazi, secondo capitolo della trilogia “Le sorelle del Ku’damm”. 

«Vivi la vita come una danza», questo è sempre stato il motto di Silvie Thalheim. Mentre i Grandi magazzini sul Ku’damm sono la priorità assoluta per sua sorella Rike, Silvie vuole solo una cosa dopo il periodo oscuro della guerra: godersi la vita al massimo. Terminata una storia passionale ma tormentata con l’attore Wanja Krahl, corona il sogno di una relazione stabile e felice con l’editore Peter van Ackern, conosciuto alla Fiera del libro di Francoforte.

Grazie al boom economico, gli affari vanno a gonfie vele e i Grandi magazzini Thalheim sono sulla bocca di tutte le berlinesi. Sottogonne e calze di nylon, ma anche raffinate collezioni dall’Italia vanno a ruba. Il sogno di Silvie, però, è sempre stato lavorare in radio, dove ormai riscuote grande successo.

Da quando suo fratello gemello è tornato dalla guerra, le dinamiche familiari sono cambiate: Oskar dovrebbe dirigere l’azienda, ma preferisce abbandonarsi alla frenesia delle notti di festa… Quando un concorrente minaccia di portare via tutto ai Thalheim, Silvie si rende conto che deve assumersi la responsabilità degli affari e dei suoi cari.

Con la maggiore delle sorelle Thalheim, Rike, abbiamo attraversato gli anni durissimi dell’occupazione alleata, dei razionamenti di cibo, della prima ricostruzione. Adesso con la secondogenita Silvie, spirito libero e stella della radio, ci addentriamo negli anni ’50, quando la situazione, almeno nel blocco occidentale del Paese, inizia a migliorare. 

Avevamo già “intravisto” Silvie in “Una vita da ricostruire” (qui la mia recensione); in “Giorni felici” la Riebe ne fa la protagonista assoluta, sposando il suo punto di vista e centrando su di lei il racconto. Questo cambio di prospettiva è intrigante, per il lettore, che può (ri)avvicinarsi a situazioni, ambientazioni e personaggi familiari ma in modo, per molti versi, nuovo.

Lo stile del romanzo è scorrevole anche se non mancano le descrizioni e gli approfondimenti; la trama ricca di colpi di scena e di momenti emozionanti, anche molto drammatici (vorrei farvi qualche esempio ma mi trattengo, per evitare gli spoiler).

Rispetto al romanzo precedente, che avevo definito “frivolo” (non in senso negativo, ma semplicemente come sinonimo di “leggero”) ho trovato che l’autrice sia “maturata”, e abbia affinato la sua capacità di dare vita a un periodo storico particolarissimo e soprattutto ai suoi eroi ed eroine.

Ci sono ancora il mondo della moda e le sue evoluzioni, la componente romantica della vicenda a cui si aggiunge quella radiofonica (con la nascita e lo sviluppo di idee e programmi, le interazioni con gli ospiti, la vita di redazione) ma il tutto è gestito in modo più serio e toccante. La componente emotiva è dominante

A non convincermi del tutto sono stati il finale, a mio avviso un po’ troppo frettoloso nel voler chiudere il cerchio, e il titolo del romanzo (quello a posteriori, dopo averlo letto. Fatemi sapere cosa ne pensate voi, ma a me non sembra che sia calzante). Comunque, la storia ci proietta verso il futuro, verso il terzo e ultimo romanzo della trilogia che ci porterà nel mondo della giovane Flori, la puce della famiglia, che già in “Aria di novità” ha mostrato di avere un bel temperamento e molte cose da raccontare… 

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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