“Gli asteroidi”: il disagio della provincia nelle vite di tre ragazzi

L'opera prima di Germano Maccioni si distacca dai prodotti italiani medi, con un ritratto desolante

di Alberto Leali

 

Un film di Germano Maccioni. Con Pippo Delbono, Chiara Caselli, Riccardo Frascari, Nicolas Balotti, Alessandro Tarabelloni. Drammatico, 91’. Italia, 2017

Data di uscita italiana: 1 novembre 2017

Pietro ha perso il padre e non si interessa più a nulla. Le uniche compagnie gradite sono quelle di Cosmic, bizzarro amico ossessionato dallo spazio, e di Ivan, che ruba candelabri nelle chiese per conto del sordido Ugo. Nel panorama desolante di una provincia no future e spersonalizzante, Ivan si dà alla delinquenza, per sentirsi più libero del padre, che dal “posto fisso” è stato reso schiavo; Cosmic nasconde il proprio ritardo mentale sognando asteroidi filosofici e guardando le stelle; Pietro, infine, ha perso il sorriso quando il padre si è tolto la vita.

 

Pietro, Cosmic e Ivan sono tre ragazzi sulla soglia dei vent’anni che vivono in una desolata provincia della Pianura padana post-industriale, colpita dalla crisi economica e priva di qualsiasi prospettiva futura. I tre passano le giornate fra noia, cattive compagnie, qualche lavoretto precario e furti nelle chiese. Sullo sfondo, l’incombere di un grande asteroide, monitorato dalla stazione astronomica della zona, in procinto di avvicinarsi molto alla Terra.

Ancora un ritratto desolante e precario della provincia italiana è al centro dell’opera prima di Germano Maccioni, “Gli asteroidi”, unico film nostrano presente all’ultimo Festival di Locarno. Il disagio giovanile, la crisi economica, l’assenza di prospettive future, la rassegnazione a un contesto a cui si finisce sempre più per rassomigliare sono alcune delle attualissime tematiche del film.

Un’opera in cui non solo il quadro sociale, ma anche quello familiare esce malconcio, attraverso la totale assenza di punti di riferimento per i giovani e di figure realmente capaci di guidarli nel loro delicato percorso di crescita. Al precariato economico si accompagna così quello degli affetti, esplicitato nel rapporto conflittuale e pieno di incomprensioni tra il personaggio di Chiara Caselli e suo figlio Pietro.

I giovani diventano così metaforicamente gli asteroidi del titolo, piccoli corpi celesti che vagano nello spazio senza trovare mai una loro propria collocazione, alle prese con una quotidianità vuota e ripetitiva, in cui l’unico rifugio felice è rappresentato da un capannone abbandonato in cui si immagina, si vagheggia, si sogna.

Maccioni è bravo nel descrivere, con immagini potenti e incisive, grazie anche alla fotografia livida di Marcello Dapporto, una periferia ostile e respingente, su cui campeggia la grande parabola di una stazione astronomica, che suscita le fantasie apocalittiche del “matto” e sensibile Cosmic. A fare da colonna sonora, le belle musiche del gruppo elettro-pop bolognese Lo Stato Sociale, che creano con le immagini un mix sonoro-visivo sicuramente affascinante.

Dove semmai “Gli asteroidi” funziona meno è nei dialoghi artificiosi e non sempre credibili (vedasi le citazioni di Kant e Montale), nelle metafore forzate e non sempre funzionali al racconto e nelle interpretazioni non eccelse dei giovani protagonisti Riccardo Frascari, Nicolas Balotti e Alessandro Tarabelloni.

Ciò nonostante, è un film che manifesta chiaramente e coraggiosamente la propria autorialità (i riferimenti al cinema di Antonioni e Pasolini appaiono evidenti), distaccandosi dalla media degli attuali prodotti italiani che vediamo nelle sale.

 

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