I GRANDI ARTISTI DEL PASSATO | Canaletto, tra scienza e artificio

di Daniela Lanciotti

 

Il pittore Antonio Canal detto Canaletto nacque a Venezia nel 1697.

Proveniente da una famiglia di artisti veneziani, venne avviato alla professione del padre Bernardo e del fratello, iniziando come pittore di scenografie. La sua prima esperienza artistica, durante la quale imparò a disegnare, fu nei teatri veneziani per allestimenti scenici.

Ben presto la sua carriera ebbe una svolta, a seguito di un viaggio a Roma nel 1719 con il padre. Canaletto si allontanò dal teatro, dedicandosi interamente alla pittura da cavalletto.

Rimasto colpito dalle atmosfere della Roma antica iniziò raffigurando vedute, e specializzandosi nel ritrarre le antichità cittadine: paesaggi idealizzati e classicheggianti, rovine e capricci architettonici mitizzati.

Capriccio con rovine classiche, 1723.

Tornato a Venezia l’anno seguente, compose le prime vedute della città, mantenendo sempre un forte gusto scenografico, azzardi prospettici, tagli a effetto, forti contrasti chiaroscurali evidenziati dall’uso di una base pittorica rossa, in contrapposizione con il gusto limpido, luminoso e chiaro dell’epoca vanvitelliana.

Con il passare degli anni Canaletto diventò un attento e acuto osservatore della luce naturale, nelle diverse ore del giorno, nelle diverse stagioni, con una spiccata sensibilità per i valori atmosferici.

L’artista creò sapientemente composizioni percorse da luminosità intense con vibranti rapporti cromatici, dove risaltano le nitide figure collocate in rappresentazioni topografiche in cui tutti gli elementi architettonici vengono descritti dettagliatamente, in una laguna che riflette la luce e il colore dei palazzi che vi si affacciano.

È questa una ricerca scientifica che si colloca in un periodo dal forte spirito empirico-illuminista come il XVIII secolo.

Ingresso al Canal Grande, 1730.

Atmosfere palpabili, ambientazioni umide lagunari, attenzione per i dettagli descrittivi fanno delle opere di Canaletto una vera e propria opera fotografica.

Durante questa fase della sua carriera il pittore preferì dipingere “dal vero” piuttosto che da bozzi e studi, andando contro la tendenza del tempo.

La sapiente rappresentazione delle atmosfere veneziane ci ricorda che il suo approccio scientifico alla pittura è un approccio fotografico preciso e fedele, assecondato dall’utilizzo della camera oscura come strumento di lavoro.

Camera oscura
Quaderno veneziano, particolare di schizzo con uso della camera oscura.

Nel suo lavoro c’è sì un allontanamento dagli artifici barocchi, in favore della ricerca minuziosa della verità, ma anche la predilezione di toni pittorici malinconici e scenici, ereditati dai suoi primi lavori come scenografo, che lo portarono in età matura a deformare alcune forme e vedute per conferire maggiore spettacolarità all’opera.

Questa ambivalenza fu distintiva di Canaletto e divenne per la sua carriera motivo di ascesa e anche discesa.

Le sue spettacolari vedute veneziane erano molto apprezzate dal turista erudito del Grand Tour che, desideroso di un ricordo unico del suo viaggio, gli commissionava quadri come ricordo della tappa veneta.

Il fortunato incontro con il console britannico a Venezia Joseph Smith – che sarebbe poi divenuto suo mecenate – procurò a Canaletto contatti con le ricche committenze inglesi. Nel 1740 la richiesta delle sue opere subì però un brusco calo, per via della guerra di successione austriaca che vide scendere in campo molti inglesi.

Canaletto decise allora di trasferirsi a Londra, dove realizzò opere per la nobiltà, caratterizzate da toni chiari, luminosi e trasparenti.

Abbazia Westminster, 1749.

Il soggiorno in Inghilterra terminò nel 1757, dopo nove anni, quando fece rientro nella città natale. Le sue ultime opere presentano un certo irrigidimento stilistico bilanciato da pochi virtuosismi.

Interno notturno di san Marco, 1763.

Canaletto morì a Venezia nel 1768.

Nei suoi lavori si servì sapientemente dell’immagine della realtà come mezzo per giungere a una poetica contemporaneamente tangibile e impalpabile.

Artista aspramente criticato sia in vita che successivamente (John Ruskin lo definì “un piccolo, cattivo pittore”), ha conosciuto durante la sua lunga carriera fasi alterne, e la critica non si è risparmiata di etichettare il suo lavoro come semplice imitazione della realtà, trascurando la notevole sensibilità contenuta nelle sue produzioni.

Fu senza dubbio un precursore, padre delle successive correnti venete e non solo, sempre sospeso tra scienza e artificio, tra passato e futuro, tra rassicuranti luminosità e drammatici notturni.





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