“I miei giorni alla libreria Morisaki”: recensione del romanzo di Yagisawa

Il libro edito da Feltrinelli mescola educazione letteraria e rinascita personale di una 25enne

È sicuramente uno dei libri più chiacchierati – e apprezzati – di questo inizio di estate 2022, recensito e segnalato su ogni sito, blog e giornale cartaceo del globo – pare. Sto parlando di I miei giorni alla libreria Morisaki di Satoshi Yagisawa, uscito per Feltrinelli il 7 giugno.

Jinbōchō, Tokyo. Il quartiere delle librerie e delle case editrici, paradiso dei lettori. Un angolo tranquillo e fuori dal tempo, a pochi passi dalla metropolitana e dai grandi palazzi moderni. Non tutti lo conoscono, più attratti da Ginza o dalle mille luci di Shibuya. Di sicuro Tatako – venticinquenne dalla vita piuttosto incolore – non lo frequenta assiduamente.

Eppure è qui che si trova la libreria Morisaki, che appartiene alla sua famiglia da tre generazioni. Un negozio di appena otto tatami in un vecchio edificio di legno, con una stanza al piano superiore adibita a magazzino. È il regno di Satoru, l’eccentrico zio di Tatako. Entusiasta e un po’ squinternato, dedica la sua vita ai libri e alla Morisaki, soprattutto da quando la moglie lo ha lasciato. L’opposto di Tatako, che non esce di casa da quando l’uomo di cui era innamorata le ha detto di voler sposare un’altra.

È Satoru a lanciarle un’ancora di salvezza, offrendole di trasferirsi al primo piano della libreria. Proprio lei che non è certo una forte lettrice, si trova di colpo a vivere in mezzo a torri pericolanti di libri e minacciosi clienti che continuano a farle domande e a citarle scrittori ignoti.

Tra discussioni sempre più appassionate sulla letteratura moderna giapponese, un incontro in un caffè con un timido sconosciuto e rivelazioni sulla storia d’amore di Satoru, scoprirà pian piano un modo di comunicare e di relazionarsi che parte dai libri per arrivare al cuore. Un modo di vivere più intimo e autentico, senza paura del confronto e di lasciarsi andare.

I miei giorni alla libreria Morisaki” è un romanzo breve, quasi un racconto. La comunicazione, da noi, ha spinto forte sulla componente libresca della storia, a partire dal titolo, evidentemente. In realtà quello di Yagisawa non è tanto un libro che parla di libri, quanto il racconto di una metamorfosi, di come una ragazza abbia superato un momento difficile e abbia poi ripreso il normale corso della sua vita.

Merito, in parte, dello zio Satoru e della sua libreria, ma soprattutto del quartiere di Jinbōchō a Tokyo, il quartiere delle librerie, che con la sua atmosfera quasi fuori dal tempo le permette di recuperare il rapporto con se stessa, la fiducia nel prossimo e in generale l’entusiasmo perduto.

L’atmosfera del quartiere emerge con chiarezza dalle pagine, e personalmente ho trovato il romanzo quasi un invito al viaggio. Pagina dopo pagina, il desiderio di prendere e partire per il Giappone è forte! Per ciò che riguarda i libri in quanto tali, non troverete grandi consigli di lettura – se era quello ciò che vi aspettavate, resterete delusi. Tatako, infatti, vive anche una sorta di educazione letteraria, sì, ma gli autori di cui parla sono tutti giapponesi e, per noi occidentali, pressoché sconosciuti.

Successo meritato per “I miei giorni alla libreria Morisaki”, insomma, oppure no? Il libro è ben scritto e scorrevole. La storia raccontata è semplice, e personalmente non ci vedo tutta questa unicità. È un racconto di crescita personale come se ne trovano tanti. L’ambientazione sicuramente gioca a suo favore, ed è l’elemento che resta maggiormente impresso. Un buon libro ma non parlerei di capolavoro. 

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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