I top e i flop del 2018 al cinema secondo Roberto Sapienza

La redazione di Parole a Colori “dà i numeri”, votando le tre migliori e peggiori novità dell’anno

Mentre il governo cerca di far quadrare i conti e far approvare dal Parlamento la legge di stabilità 2019, la direttora lancia l’ultimatum alla redazione cinema: entro il 26 voglio un pezzo sul meglio e il peggio del 2018 cinematografico. E se la Turillazzi fissa una scadenza, guai a non rispettarla.

Quali sono stati i film che mi hanno fatto battere il cuore? E quali quelli che mi hanno spinto a rivalutare non soltanto “Spira mirabilis” ma addirittura l’intera filmografia di Elisabetta Sgarbi?

Le classifiche, i premi e i giudizi sono e saranno sempre opinabili, oggetto di critiche e polemiche, e forse proprio per questo ogni anno giornali e siti stilano la loro. Parole a Colori da quest’anno non fa eccezione.

Dopo aver riflettuto a lungo sui film visti e recensiti, ecco la mia top3:

  1. Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson
  2. Who will write our history di Roberta Grossman
  3. L’ospite di Duccio Chiarini

Tre film profondamente diversi eppure capaci allo stesso modo di lasciarti, alla fine della proiezione, inchiodato alla sedia, travolto dall’emozione, dalla commozione e da una dolce e calda malinconia. Tre film che arricchiscono e liberano la mente.

Menzioni speciali: A quiet place – Un posto tranquillo“, “La terra dell’abbastanza“.

 

Per quanto riguarda invece le cagate pazzesche, da consigliare per vendicarsi di ex o nemici assortiti, ecco la mia flop3.

  1. Sunset di László Nemes
  2. Sorry angel di Christophe Honorè
  3. Watergate di Charles Ferguson

Tre pellicole noiose, confuse, con troppe contraddizioni irrisolte. Le vicende di una giovane modista nella Budapest di inizio Novecento. Le contraddizioni della vita di uno scrittore bisessuale nella Francia degli anni ’90. La ricostruzione dei colloqui avvenuti tra il presidente Nixon e i suoi collaboratori, nello studio Ovale, all’epoca del Watergate della durata di oltre 4 ore. Da evitare come la peste.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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