“Il cartomante”: recensione del romanzo di Irma Cantoni

La prima indagine del commissario Vittoria Troisi, nel noir prequel della serie edito da Libromania

di Maria Teresa Maggiobello

 

Magia nera, servizi segreti e hackeraggio informatico sono gli ingredienti utilizzati da Irma Cantoni nel suo Il cartomante, prequel de “Il bosco di Mila” e “Il segreto di palazzo Moresco”, i thriller che l’hanno resa nota al grande pubblico, editi da Libromania.

La casa editrice è una sorta di rete promozionale di DeA Planeta Libri e Newton Compton Editori, e si fa promotrice di quello che definisce light publishing, curando autonomamente le proprie pubblicazioni, scelte tra le tante proposte inviate dagli aspiranti autori.

La protagonista della trilogia è il commissario Vittoria Troisi, trasferita da Roma a Brescia col pretesto di un avanzamento di carriera. Nella nuova città dovrà indagare sul brutale assassinio di quello che viene definito “il Mago di Sant’Eufemia”, affiancata dal collega Mirko Rota.

Circondata dall’afa di un torrido agosto, la commissaria si ritroverà coinvolta in losche questioni di potere, ma le sue capacità deduttive, insieme alle sue percezioni paranormali, la condurranno verso la soluzione dell’intricato caso.

Nel “Cartomante”, Irma Cantoni mostra di conoscere bene il territorio bresciano dove si svolge la storia, territori di cui è originaria e nei quali vive ancora oggi, descrivendone ogni angolo e vicolo. Ma sono i personaggi, con le loro complesse personalità, a plasmare la storia. Inizialmente presentati come entità scollegate, starà al lettore ricomporre il puzzle e scovare i collegamenti tra loro.

Vittoria è una donna sulla cinquantina, “di statura media, un poco appesantita sui fianchi”, resa austera da un passato difficile dal quale è ancora tormentata, apparentemente indistruttibile, ma che combatte quotidianamente contro i suoi fantasmi. La necessità di nascondere le proprie debolezze è dovuta all’ambiente nel quale si muove, quelle forze dell’ordine dalla spiccata connotazione maschile.

Eugenio Bilotti, detto “il mago di Sant’Eufemia”, è un oscuro individuo, affetto da cecità parziale, misogino e avido di denaro, tenuto alla larga dalla maggior parte degli abitanti perché accusato di portar sfortuna, ma con un ampio giro di clienti che arriva fino agli alti ranghi della società.

Eugenio suscita emozioni ambivalenti e la sua umanità pare accrescere con l’aumentare delle informazioni che il lettore ottiene sul suo conto, che ci portano quasi a giustificarlo. È chiaro che la Cantoni voglia denunciare i ciarlatani dell’occultismo senza però necessariamente far di tutta l’erba un fascio.

Si aggiunge al quadro una compagnia di adolescenti ribelli che porta scompiglio nelle vite apparentemente prive di scheletri dei paesani perbenisti di Sant’Eufemia. Alcool, droghe e uscite serali non permesse connotano una generazione oppressa dai confini troppo stretti, sia geografici che culturali, di una realtà retrograda e periferica, priva di prospettive gratificanti.

A colpire è soprattutto l’incipit del romanzo, dove l’autrice accompagna il lettore in un’esperienza quasi ultraterrena, che coinvolge tutti i cinque sensi e lo tiene sospeso, fluttuante, regalandogli il primo, o forse l’ultimo, pezzo del puzzle.

Il finale in realtà non è un finale, si ha quasi la percezione che manchi qualcosa. Essendo un prequel, “Il cartomante” non fa altro che aprire la strada alle indagini che verranno dopo, ma che sono state pubblicate prima. Per chi le ha già lette, è la spiegazione di come tutto è cominciato; per gli altri l’occasione di proseguire nella lettura, rispondendo alle domande lasciate in sospeso.

Per chi, come me, è appassionato del giallo vecchio stile, questo romanzo possiede tutti gli elementi che rendono una storia intrigante. Individuare l’assassino è il filo conduttore del romanzo, ma a tenerci col fiato sospeso sono anche gli intrighi nei palazzi del potere e le pratiche di magia nera a cui si contrappongono quelle di meditazione buddhista. Leggendo “Il cartomante” si percepisce lo svolgersi di una sorta di lotta tra sacro e profano, senza esclusione di colpi. Motivo in più per immergersi nella lettura.

 

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