“Il colpo del cane”: due dogsitter, un ladro disperato e un bulldog

Una commedia leggera che nasconde però, tra le righe, drammi esistenziali e questioni sociali

Un film di Fulvio Risuleo. Con Edoardo Pesce, Silvia D’Amico, Daphne Scoccia, Sabrina Marchetta, Vittorio Viviani. Commedia, 93′. Italia 2019

Al loro primo giorno da dogsitter, a Rana e Marti viene rubato il bulldog francese che era stato affidato loro da una ricca signora. Decidono di mettersi all’inseguimento del ladro, un sedicente veterinario che sostiene di chiamarsi Dr. Mopsi. Sarà necessario riavvolgere il nastro per scoprire il mistero che si nasconde dietro questo improbabile colpo.

 

Due dogsitter, un ladro disperato in cerca di cani di razza e un bulldog francese: ecco riassunta in poche parole la trama de “Il colpo del cane”, diretto dal fumettista Fulvio Risuleo.

Fin dai tempi di “Rashomon” (1950) abbiamo imparato ad apprezzare le storie disassemblate, raccontate da più punti di vista, come fossero caleidoscopi, sia al cinema che nei libri. Il trucco è troncare un racconto al massimo del suo climax e farlo poi ripartire dal principio, con un’altra voce narrante.

Ricorre all’espediente anche “Il colpo del cane”. La sua struttura narrativa è peculiare, seppur già vista e rivista, e segue la stessa vicenda in più riprese: dalla parte delle vittime e da quella del criminale. Tuttavia, così facendo, il pathos è chiaramente poco.

Forte della sua esperienza nel campo dei fumetti e della sua cultura cinematografica, Risuleo imprime al film un’impronta ben precisa. Molto belle le “sequenze d’azione”, di inseguimenti, e quelle introspettive che gettano una luca intimista sul duro ma buono Dr. Mopsi. E molto bravo il cast, con Silvia D’Amico, Daphne Scoccia ed Edoardo Pesce insieme al tenero bulldog Ugo, vera star.

“Il colpo del cane” ha sicuramente del potenziale registico e interpretativo – tanto da essere notato da TimVision che ne curerà la distribuzione – accompagnato però da qualche incertezza nella sceneggiatura. Consigliato a chi apprezza il valore di una risata, anche amara. Perché dietro all’apparente leggerezza di certe parole si intravedono drammi esistenziali e il peso di questioni sociali allarmanti.

 

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