Il commissario Montalbano: un format che non conosce crisi

Successo di pubblico e di critica per i due nuovi casi del personaggio nato dalla penna di Camilleri

“Amore? Amore? Amore una minchia!”

È iniziata con questa colorita ma efficace frase pronunciata da un commissario Montalbano stralunato quanto sconcertato, la seconda delle due puntate della serie, “Amore”, trasmessa ieri sera su Rai 1 uno, e ancora una volta premiata da un generale consenso di pubblico e critica.

Carlo Degli Esposti e la Palomar hanno voluto celebrare, con qualche giorno di ritardo, San Valentino, regalando al pubblico – dopo “La giostra degli scambi” (qui la recensione su Parole a Colori) – un’altra storia d’amore malinconiche quando tragica.

Questa è tratta da due racconti di Camilleri – “Un mese con Montalbano” e “Gli arancini di Montalbano” – brevi ma capaci di raccontare in modo vivo, diretto e coinvolgente le diverse sfumature del sentimento amoroso e quanto questo, in teoria nobile, possa portare anche a compiere azioni abbiette.

La curiosità mediatica intorno ad “Amore” era soprattutto dettata dalla possibilità che vi si celebrasse il matrimonio tra Montalbano e l’eterna fidanzata Livia (Sonia Bergamasco) – idea abilmente promossa da chi di dovere, con l’inserimento nei trailer di una singola scena, che faceva presagire chissà quali colpi di scena.

Paradossalmente, invece, il punto più debole del film, sul piano narrativo e registico, è proprio la scena matrimoniale, buttata là frettolosamente all’inizio e presentata come una sorta di incubo/prologo. La sopracitata battuta fulminante del Commissario, davanti all’inaspettato intervento di Mimì (Bocci) nel suo rapporto di coppia, comunque, ha conquistato il pubblico, specialmente chi è allergico agli impegni a lunga scadenza.

Non era facile realizzare un film armonico collegando due racconti molto diversi, sebbene accomunati dal tema. Gli sceneggiatori hanno sicuramente svolto un degnissimo lavoro di “cucitura” creativa, riuscendo a scrivere una storia complessivamente unitaria, fluida e avvincente. Ciò nonostante allo spettatore più attento – magari anche lettore di Camilleri – non saranno sfuggite le scene di collegamento tra le due piccole, grandi storie, che per quanto ben scritte danno comunque l’impressione di non essere del tutto riuscite.

“Amore” regala una girandola d’emozioni e colpi di scena, ma soprattutto spinge chi guarda a un’amare riflessione sulla condizione femminile, nel 2018. Ieri come oggi, il pregiudizio e la calunnia – peggio se rivolti contro una donna – possono ancora distruggere una vita, mettendo davanti a scelte obbligate e negando la felicità.

La vita di Michela Prestia (Serena Iansiti) è stata segnata dalla violenza subita in giovane età a opera di un delinquente. Ma la sua decisione di non prestarsi a un matrimonio riparatore con lo stupratore, ma anzi di denunciarlo, invece di venire appoggiata dalla famiglia, l’hanno portata a restare sola, ripudiata da tutti.

Più lo spettatore conosce la storia di Michela più mentalmente la avvicina, per quanto sia diversa, a quella, vera, di Franca Viola (magistralmente raccontata da Marta Savina nel suo cortometraggio, presentato al Tribeca Film Festival). Chissà se Andrea Camilleri ha preso spunto da questa formidabile donna per scrivere della sua Michela.

Solamente la dolce e amorevole sorella Cinzia (Stella Egitto) è rimasta vicina a Michela negli anni. Cinzia ha dovuto assistere impotente alla via crucis della sorella e solo dopo la sua improvvisa scomparsa troverà finalmente il coraggio per vendicarsi degli uomini che le hanno rovinato la vita.

Stella Egitto sale alla ribalta nazionale – come testimoniano i commenti sui social e la crescita esponenziale di ricerche di notizie su di lei su Google. L’attrice siciliana dimostra ancora una volta talento, sensibilità e dolcezza, dando al suo personaggio umanità, candore, bellezza e alla fine un inaspettato quanto sentito desiderio di vendetta.

Serena Iansiti è invece una piacevole conferma artistica. Sebbene presente in poche scene, lascia allo spettatore un ottimo ricordo.

Ma “Amore” racconta anche il tenero e lungo addio di una coppia di attori ormai anziani, i coniugi Di Giovanni, pronti a tutto pur di non vivere neppure un giorno senza il compagno di una vita. Gigliola Reina e Vincenzo Catanzaro sono magistrali nella loro interpretazione.

Forse ha ragione il buon Montalbano – geloso di un ex storico della sua Livia, spuntato fuori da un social network, e aiutato nella sua missione investigativa privata da Cantarella, novello hacker -, “Amore? Amore una minchia”! Ma che vita sarebbe, la nostra, senza aver provato ameno una volta questo straordinario e pericoloso sentimento?

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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