“Il discorso perfetto”: un film teatrale e statico, sull’amore e la separazione

Benjamin Lavernhe, al primo ruolo da protagonista, sostiene con acume un lungo monologo

Un film di Laurent Tirard. Con Benjamin Lavernhe, Sara Giraudeau, Kyan Khojandi, Julia Piaton, François Morel. Commedia, 87′. Francia 2020

Adrien è un trentacinquenne romantico, depresso e ipocondriaco, da trentotto giorni ancor più sofferente perché la fidanzata, Sonia, ha messo “in pausa” la loro relazione fino a data da destinarsi. Si trova in questo stato penoso ad una noiosa cena di famiglia quando il fidanzato di sua sorella gli chiede il favore di tenere un discorso durante la cerimonia per il loro matrimonio. Angosciato alla sola idea, Adrien comincia così a produrre un lungo discorso mentale, in cui immagina quel che potrebbe dire, ricorda i traumi e i bei momenti passati, analizza la sua famiglia, la sua relazione e se stesso, in attesa che un messaggio di Sonia riaccenda in lui la speranza e la felicità.

 

Arriva al cinema il film “Il discorso perfetto” di Laurent Tirard, presentato al Festival di Cannes e alla Festa del cinema di Roma nel 2020. Al centro del racconto un tema sempre attuale, un momento che molte coppie hanno affrontato: la fantomatica pausa di riflessione.

Quando uno dei partner chiede all’altro di potersi prendere del tempo “per riflettere” o “ritrovare se stesso”, le possibilità che il rapporto entri in crisi sono alte. Anche perché, la metà che subisce la pausa – e non la chiede – può precipitare in un vortice involutivo esistenziale ed emotivo.

È il caso del trentacinquenne Adrien (interpretato da Benjamin Lavernhe, al suo primo ruolo da protagonista), che da quando la fidanzata Sonia ha messo in pausa la loro relazione, ben 38 giorni prima, è ancora più depresso e ipocondriaco del solito. Adrien non riesce a capacitarsi della crisi di quel rapporto che per lui era tutto. Continua a chiedersi come reagire alla situazione, cosa fare per riconquistare la sua donna.

La “svolta”, se così vogliamo chiamarla, arriva durante il pranzo domenicale con i genitori e la sorella. Il fidanzato di lei chiede ad Adrien di pronunciare un discorso al loro matrimonio. E lui, incapace di parlare in pubblico ed esternare i propri sentimenti, rimane scioccato dalla richiesta.

E poi si rivolge direttamente al pubblico, in un monologo che è lungo quanto il film stesso, e in una situazione quasi kafkiana immagina possibili scenari per il suo discorso, analizzando se stesso, la sua famiglia, la sua relazione, rivivendo traumi e momenti felici del passato, ipotizzando svolte future.

“Il discorso perfetto” è un film particolare, celebrale, basato sulle parole più che sulle azioni. In effetti non c’è azione, tutto si riduce a una sala da pranzo e al personaggio interpretato da Benjamin Lavernhe, che è oggettivamente bravo a mostrare i sentimenti di un uomo col cuore spezzato.

Se da un lato il film è interessante dal punto di vista stilistico e drammaturgico, con momenti ironici, sarcastici, tragicomici, dall’altro è anche piuttosto statico e ripetitivo nella sua struttura.

Dopo aver visto due, tre, quattro ipotesi di come potrebbe svolgersi questo fantomatico discorso lo spettatore inizia ad avvertire una certa stanchezza, inizia a chiedersi: “E allora cosa?”. Un film che vive di sprazzi, della bella interpretazione di Lavernhe e del suo monologo sull’attesa e sull’amore.

Se esiste un “modo giusto” per reagire a una delusione amorosa, “Il discorso perfetto” non lo dice. Ci dice invece che talvolta, se un sentimento finisce, è meglio evitare di incaponirsi a volerlo riportare in vita a tutti i costi. E conservare il bello che questo ci ha dato per andare avanti con la propria vita. Magari non pronunciando discorsi al matrimonio altrui. Ma questo è a discrezione degli sposi. 

 

Il biglietto da acquistare per “Il discorso perfetto” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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