Il libro del male, James Oswald

Il libro del male, copertinaDieci anni. Dieci donne. L’ultima è stata Kirsty, la fidanzata dell’ispettore Tony McLean. Finché Donald Anderson, il killer di Edimburgo, non ha commesso un grave errore consentendo a McLean di porre fine a quella catena di ferocia. Dodici anni dopo Anderson è morto, è stato ammazzato in cella, ma il tempo di assaporare la vendetta per McLean non è ancora arrivato. Con l’avvicinarsi del Natale, infatti, un altro corpo viene rinvenuto: una ragazza nuda, legata a un ponte, e sottoposta allo stesso brutale rituale di anni addietro. Un killer che emula le gesta di Anderson? O l’uomo messo in prigione era quello sbagliato? O forse “Il libro del male”, un antico e oscuro manoscritto, sta guidando la mano di assassini diversi? McLean è costretto a riaprire il capitolo più doloroso di tutta la sua carriera e scoprire il tassello mancante prima che l’assassino colpisca ancora.


 

Dopo l’esordio nel genere thriller con il romanzo “Nel nome del male” del 2014, lo scrittore inglese James Oswald torna a raccontare le vicende dell’ispettore Tony McLean alle prese con una nuova serie di delitti. Arriva in libreria il 25 febbraio per Giunti editore “Il libro del male”.

I crimini, questa volta, hanno un legame profondo con la vita del protagonista. Per dieci anni un killer ha seminato il terrore a Edimburgo, uccidendo dieci donne seguendo sempre lo stesso modus operandi. Tra le vittime, anche la fidanzata dell’ispettore McLean, Kirsty. L’assassino di Natale, Donald Anderson, è stato poi arrestato e condannato all’ergastolo. E in carcere è morto, sgozzato. Ma a dodici anni dall’epilogo della vicenda, il ritrovamento del corpo di una ragazza nuda, sottoposta allo stesso rituale di anni addietro, riporta l’ispettore McLean nel bel mezzo dell’incubo. Il killer emula soltanto le gesta di Anderson? Oppure quello arrestato tempo addietro e ucciso in prigione era l’uomo sbagliato? A complicare le cose, fa la sua comparsa un certo padre Anton, che tira in ballo un libro dai poteri demoniaci, capace di scatenare negli uomini i peggiori impulsi. Al detective non resta che riaprire un capitolo molto doloroso della sua carriera, per cercare di mettere insieme i pezzi e risolvere il puzzle.

Lo stile di Oswald è perfetto per una storia di questo tipo: incalzante, incisivo, evocativo. Chi legge ha la sensazione di trovarsi lì, nella Edimburgo funestata dai crimini, investita anche da qualcosa di paranormale. È questo, a mio avviso, uno degli elementi che rendono il libro speciale, particolare. Non si tratta soltanto di un’indagine su un killer in carne e ossa, c’è un’ombra ancora più scura e sfuggente, all’orizzonte.

Per certi versi questo sotto-testo sovrannaturale mi ha fatto venire in mente Stephen King (quello che conosco io, poco appassionata di horror, ad esempio lo scrittore di Joyland): in un mondo che può passare per il nostro, che è reale e realistico, si innesta qualcosa che supera la normalità, elementi fuori contesto che però non sono abbastanza spinti e assurdi da rendere la storia incredibile. Il Libro del male, o Libro delle anime che dir si voglia, capace di spingere gli esseri umani a compiere efferati omicidi, potrebbe anche essere reale… Da un certo punto di vista speriamo che non lo sia, che sia solo un’invenzione fantastica partorita dalla mente di uno scrittore di talento, ma non sarebbe il fatto più strano che abbiamo scoperto essere reale in questo strano mondo (pensate solo che è stato provato che alcuni bambini, sotto i sette anni, serbano ricordi di una vita precedente… se non è paranormale questo!).

Gli amanti del thriller non potranno non apprezzare la trama e gli intrecci, tra passato e presente. Gli appassionati delle storie sfaccettate saranno attratti da questo pastiçe di suggestioni differenti – i richiami demoniaci e quasi infernali, il coro di personaggi che si riunisce intorno a McLean, tutti credibili e sfaccettati (altro elemento da sottolineare, perché capita spesso che buoni romanzi vengano affossati dalla piattezza dei caratteri secondari).

Ma quello che più ha colpita me, quello che a mio modesto parare garantisce al romanzo uno spessore maggiore di tante altre storie dello stesso genere (e anche dell’esordio di James Oswald nel mondo del thriller, da ciò che leggo), è la profondità data al protagonista. L’ispettore non è un cavaliere senza macchia e senza paura, è un uomo tormentato dai propri demoni interiori. E i fatti con cui si trova a fare i conti a dodici anni dalla risoluzione del caso lo portano a confrontarsi con il peggiore dei suoi demoni, con il suo passato più oscuro.

Tony McLean non è un supereroe da fumetto, qualcuno da osservare da lontano con rispetto e meraviglia, ma da sentire sempre un po’ distante. È una persona normale, qualcuno con cui non è impossibile empatizzare. Costruire un personaggio realistico, potente ma al contempo così tanto umano, è un grande pregio per un romanzo. Perché avvicina i lettori, li avvince, li lega a doppio filo non solo a questa storia, ma al destino del personaggio. Dopo essere stati al fianco del detective nella risoluzione di questo caso, vogliamo sapere cosa è successo dopo. Non tanto nel mondo del crimine, ma nel suo. E questa è una garanzia di successo, per una serie di libri.

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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