“Illegittimo”: il realismo dell’emotività, tra bivi e aspettative sociali

Adrian Sitaru dirige una pellicola quasi documentaristica, che racconta il reale e la famiglia

di Giulia Minotti

 

Un film di Adrian Sitaru. Con Alina Grigore, Robi Urs, Bogdan Albulescu, Adrian Titieni, Cristina Olteanu. Commedia drammatica, 85′. Romania, Polonia, Francia, 2016

Seduto a tavola con i suoi quattro figli adulti e i loro partner, il vedovo Victor ha il ruolo di patriarca della famiglia. Tiene conversazioni sulla fisica e il vino, fin quando suo figlio Cosma lo affronta domandando come mai il suo nome è presente in alcuni documenti storici di denuncia nei confronti di donne che lottavano per il diritto all’aborto, vietato fino al 1989. Victor si difende sottolineando che egli è contro l’aborto e che i gemelli, Sasha e Romi, devono la loro stessa vita a questo fatto – la loro madre voleva abortire. Da quel momento si apre una crisi che avrà un’ulteriore svolta quando Sasha scoprirà di essere incinta di suo fratello.

 

Il film di Adrian Sitaru “Illegittimo” è una sorta di ibrido tra il documentario e opera di finzione, con le sue riprese imperfette, la fotografia dai colori realisticamente cupi e una timeline della trama estremamente ridotta.

La visione suggerisce da subito un punto di vista invasivo nelle scene che si susseguono, come un ospite che entra senza riguardi nelle vicende dei protagonisti. I dialoghi sono snelli, ermetici, privi di qualsivoglia fronzolo. Si avverte il bisogno di qualche delucidazione in più, ma proprio questa incertezza fa emergere, in chi guarda, diversi interrogativi e favorisce l’empatia con i personaggi.

Allo spettatore viene concessa autonomia, ma limitata dalle inquadrature, che a volte lasciano libertà di spaziare visivamente, altre impongono paletti.

Per quanto la tematica affrontata – l’aborto – sia soggetta ad apparenti fermi pregiudizi, fino a poter risultare noiosa agli occhi di chi guarda, questa viene portata all’estremo e collocata in una realtà rigida e all’apparenza senza vie d’uscita morali. Il regista riesce a rievocare un passato che si tende a guardare con superficialità, ma ancora tutt’altro che superato.

Libertà e amore sono i fili conduttori della storia, ed emergono anche grazie al crudo realismo e a un’offerta quasi impressionista delle immagini. Il regista ha voluto che la storia si costruisse quasi in modo autonomo, grazie all’iniziativa degli attori, nelle (sole) due settimane di riprese e alla sua tecnica di regia “mordi e fuggi’’ – niente secondi, terzi, decimi ciak, ma una sola chance di girare la scena giusta.

Come possono gli imprevisti cambiare qualcosa di cui eravamo fermamente convinti? Alla domanda si cerca di dare risposta, soprattutto nel monologo finale del patriarca Victor. Che nonostante il suo cinismo si riscopre cambiato, diverso, senza sforzo e per merito dell’amore.

Per tutta la durata di “Illegittimo” ci aspettiamo che succeda qualcosa, uno scoppio, che stravolga l’esistenza dei protagonisti. Alla fine qualcosa succede, ma è meno drammatico di quanto avevamo immaginato. E si torna quasi al punto di partenza, con la famiglia riunita per una cena. Ma il pubblico sa che qualcosa è cambiato, e questo basta per dare un senso al tutto.

 

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