“Interstellar”: un film fantascientifico dove dominano inventiva e meraviglia

Christopher Nolan sublima la sua idea di cinema in una pellicola che spinge il pubblico a concentrarsi

Un film di Christopher Nolan. Con Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine, John Lithgow. Fantascienza, 169′. USA, 2014

Una piaga sta uccidendo i raccolti della Terra, da diversi decenni l’umanità è in crisi da cibo e quasi tutti sono diventati agricoltori per supplire a queste esigenze. La scienza è ormai dimenticata e anche ai bambini viene insegnato che l’uomo non è mai andato sulla Luna, si trattava solo di propaganda. L’ex astronauta Cooper, mai andato nello spazio e costretto a diventare agricoltore, scopre grazie all’intuito della figlia che la NASA è ancora attiva in gran segreto, che il pianeta Terra non si salverà, che è comparso un warmhole vicino Saturno in grado di condurli in altre galassie e che qualcuno deve andare lì a cercare l’esito di diverse missioni partite anni fa. Forse una di quelle ha scoperto un pianeta buono per trasferire la razza umana e in quel caso è già pronto un piano di evacuazione. Andare e tornare è l’unica maniera che Cooper ha di dare un futuro ai propri figli.

 

L‘angoscia dello spazio sconfinato. La solitudine di essere sospesi in mezzo al nulla (come fa notare giustamente uno dei personaggi). La paura di non tornare mai più indietro. Le beffe del tempo e della relatività che manda gli orologi avanti in modo differente, che aumenta in modo esponenziale e terribile la distanza dalle persone che amiamo.

Sono soltanto alcuni dei motivi per cui “Interstellar” di Christopher Nolan non è soltanto l’ennesima maxi-produzione a stelle e strisce di genere apocalittico e fantascientifico.

Non è semplice esprimere un giudizio che sia lineare e sensato, su questo film, perché le oltre due ore di pellicola che ci vengono proposte sono un concentrato di punti di vista, prospettive, sonorità, immagini… pensate appositamente per colpire, per disorientare, per far riflettere. E per farci porre delle domande, a noi stessi e alla scienza.

Uno dei lati più incisivi di “Interstellar” è essenzialmente il fatto che, dopo 120′ intensi e drammatici, la sceneggiatura riesca ancora a dare l’ennesimo colpo di coda, mettendoci davanti qualcosa di inaspettato, qualcosa che non riusciamo ad accettare con facilità.

Il che è strano, perché i film come questo – che raccontano un mondo del futuro, dove l’umanità è a rischio estinzione, e via dicendo – sono pieni di fatti inaccettabili, eppure quelli riusciamo a mandarli giù piuttosto facilmente. Come spettatori non troviamo così incredibile accettare che un buco nero apra la via per altre galassie, che delle missioni abbiano già intrapreso il viaggio e siano finite chissà dove, che il tempo sia relativo (così il protagonista 30enne si ritrova per avere gli stessi anni dei figli, e poi molti meno di loro).

Invece, il fatto che Cooper finisca, dopo aver attraversato un buco nero, per ritrovarsi in una 5° dimensione – che lo mette in comunicazione con la libreria della figlia sulla Terra… ecco, questo ci mette un tantino in difficoltà! È strano, lo ammetto, ma durante il film non avevo mai pensato: “Ma siamo sicuri che sia così?”, mentre quando il protagonista si ritrova a muovere i libri… il dubbio che fosse un po’ troppo mi è venuto.

Non so nemmeno perché, di tutti gli spunti che questo film offre, io abbia deciso di mettere in evidenza in questa recensione proprio questo. L’ho premesso, “Interstellar” è una pellicola complicata di cui scrivere perché dà a chi guarda una serie di input, ma soprattutto una serie di sensazioni. Parla alla parte più profonda di noi, ci colpisce in modo non razionale.

Per larghi tratti trasmette un senso di ansia e di angoscia (anche e soprattutto grazie alla regia di Nolan che, ammettiamolo, è un maestro e qui una trama per immagini davvero sublime); ci si immedesima da subito nelle vicende dei protagonisti e il dolore che Cooper prova per aver perso tempo… è talmente palpitante che sembra di provarlo sulla nostra pelle.

Ma c’è molto di più. Quelle sequenze di spazio profondo, con il silenzio a fare da sottofondo. La vita sulla Terra ammantata di polvere e disperazione. I pianeti lontani, molto meno ospitali di quanto la Nasa ha voluto credere. Il film è una serie di scene che colpiscono dritte al cuore, che mettono i brividi, che fanno interrogare. Ognuno credo ne ricavi una sensazione e un’idea differente.

Sarà davvero questo il futuro che ci aspetta, raccolti che muoiono e aria irrespirabile? Lo scenario dipinta non è dei migliori, e non ci sembra così incredibile, il che dovrebbe far riflettere. E ciò nonostante, di fondo, secondo me il messaggio trasmesso dal film resta comunque ottimistico. Una speranza c’è sempre, da qualche parte. Purché si abbiano l’intelligenza e la tenacia per non smettere di cercarla.

 

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