Intervista a Beatrice Maffei, autrice della raccolta “Amore, vinile e polvere”

La sua antologia, edita da Edizioni Leucotea, comprende otto racconti brevi ispirati a canzoni anni '80

Una vita passata a dividersi tra sceneggiature, documentari e cortometraggi e idee per futuri romanzi. Nel 2020 Beatrice Maffei, classe 1967, è arrivata in libreria per Edizioni Leucotea con Amore, vinile e polvere, una raccolta di racconti brevi che prende spunto da canzoni anni ’80, più o meno note.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autrice, parlando della sua prima antologia, ma anche di cosa significa venire pubblicati in un periodo storico particolare come quello che stiamo vivendo attualmente e dei progetti futuri.

 

Ciao Beatrice, grazie di essere qui con noi per parlare del tuo libro. Vorrei iniziare col chiederti del tuo rapporto con la scrittura. Come ti sei approcciata a questo mondo e cosa rappresenta la scrittura per te?

In verità scrivere è faticoso, per niente divertente. Io avrei voluto fare altre cose, tipo la parrucchiera dei Cure, e seguirli in tour! E tanti lavori ho fatto, nessuno divertente come pettinare Robert Smith. Scrivo perché ho sempre storie in testa e quando non ci stanno più, da qualche parte bisogna metterle. È come fare il cambio di stagione. L’esempio è elementare ma è proprio così: quando hai finito e chiudi le ante, l’armadio e la cassettiera sono identici a prima, ma all’interno tutto è cambiato, qualcosa è stato eliminato per far posto al nuovo. Lo stesso dovrebbe dirsi del leggere.

“Amore, vinile e polvere” è la tua prima raccolta di racconti. Come la presenteresti al pubblico, in poche parole?

Il disincanto in otto racconti, intitolati come canzoni degli anni ‘80. Nei racconti non si narra della vita di un personaggio ma di un particolare momento, IL particolare momento. Se non si riesce a coglierlo – e a farlo cogliere al lettore – allora il fallimento è totale, non si può rimediare nel capitolo successivo. È una sfida in cui il personaggio rischia di scomparire a ogni errore dell’autore.

Cosa pensi del formato del racconto breve e perché lo hai scelto?

Non c’è nulla di vero nel ritenere che essendo più corti i racconti sono più semplici da leggere o da scrivere. Si tratta di uno scrivere diverso che ha avuto e ha i suoi maestri. Possiamo dire che i racconti di Lovecraft, di Kafka o Maupassant siano inferiori ai loro romanzi? E che le opere di Alice Munro sono semplici?

Cosa ti ha ispirato in fase di scrittura e come hai strutturato il tuo lavoro? I racconti sono tutti stati scritti nello stesso periodo?

I racconti sono stati scritti in sei/sette mesi, tranne uno che avevo pubblicato in un’antologia di autori vari che ho ripreso e modificato. Mi hanno ispirato i miei ricordi e qua e là ho “rubato” dalle vite degli altri.

Hai pubblicato il tuo primo libro in piena pandemia, sicuramente un’esperienza particolare. Il momento più bello e invece quello inaspettato?

Il momento più bello è stato quando la casa editrice mi ha scritto per dirmi che avevano accettato i racconti. Mi avevano accettato. Poi è iniziata una storia di ansie, stress, indecisioni, e ci si è messo pure il Covid. Non mi sarei mai aspettata, invece, una copertina così! Forse non tutti sanno che la copertina raramente viene scelta dallo scrittore, perché deve essere in linea con lo stile grafico della casa editrice. Sorvolo su quello che ho pensato per i primi due giorni dopo averla vista, ma vi assicuro che come il titolo di un racconto, non ne ho mai abbastanza.

C’è qualcosa in particolare che speri colpisca di Amore, vinile e polvere?

Cosa colpisca? No, non voglio far male a nessuno! Scherzi a parte, una cosa mi piacerebbe. Sarebbe bello se, alla fine di un racconto, al lettore venisse la voglia di ascoltare la canzone a cui si riferisce il titolo e chissà, magari ballarci sopra. Se capita, contattatemi su Facebook, ne sarei contenta.

In una precedente risposta hai detto che hai tante storie in testa, da sempre, e che scriverle è il tuo modo per fare ordine. Mai pensato di cimentarti in un romanzo?

Sono alle prese con l’editing di un romanzo di narrativa, in effetti, un romanzo ambientato in una cittadina olandese che conosco bene. Non riesco a parlarne perché sono nella fase in cui mi sveglio la mattina per mettere mano al mio capolavoro e il pomeriggio mi sembra di aver corretto i compiti delle medie.

Sei molto legata anche al cinema, avendo lavorato come sceneggiatrice e regista in passato. Cosa ti stimola maggiormente di questo mondo?

Amo il cinema e la potenza che l’immagine unita al sonoro può raggiungere, generando un’esperienza unica, soprattutto quando è collettiva, in sala. Ottenere questa potenza con la sola forza della parola scritta è veramente difficile.

Progetti futuri? Cosa dobbiamo aspettarci da Beatrice Maffei adesso?

Il mio è stato un esordio tardivo, e il futuro mi interessa sempre meno. Guardo al presento e quello che vorrei è non perdere tempo. Il tempo è tutto. Non siamo così diversi dai replicanti di “Blade runner”: ognuno di noi ha i suoi bastioni di Orione e ha visto balenare nel buio i raggi gamma. I nostri momenti, però, non si perdono in lacrime nella pioggia, bensì nelle code agli uffici postali, nelle liste di attesa, nel traffico, al telefono aspettando di parlare con un operatore.

Grazie a Beatrice Maffei per essere stata con noi.

Non perdete la recensione della raccolta “Amore, vinile e polvere”, a breve online su Parole a Colori.

 

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Sofia Peroni
Classe 1996, marchigiana d’origine, studia comunicazione a Roma e ha trovato il modo di coniugare la passione per il cinema e quella per la scrittura... Come? Scrivendo sul e per il cinema dal 2015. Ha all'attivo diverse esperienze sul set, con registi del calibro di Matteo Garrone, e sogna un giorno di veder realizzato il suo film.

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