Intervista a Cristina Panepinto: “Con un giallo vi racconto la mia Toscana”

Nata a Milano, Cristina Panepinto si è laureata in Lettere Moderne con tesi in Storia del Teatro. A ventiquattro anni si è trasferita a Berlino, dove ha insegnato italiano per stranieri; ha poi continuato l’esperienza dell’insegnamento a Firenze e attualmente vive a Lecce.

È proprio in questa bella città del Sud che ha cominciato a dedicarsi alla scrittura: il suo primo romanzo, “Il Fioraio di Monteriggioni”, edito da Lettere Animate, è nato un po’ per gioco, certamente per il desiderio di far rivivere su carta la suggestiva atmosfera fiorentina.

Appassionata di viaggi e di musica, come lettrice predilige tutto quello che ha anche solo una venatura di giallo. Abbiamo parlato con lei della sua prima esperienza letteraria, di come uno scrittore esordiente possa cercare di farsi strada nel nostro paese e di molto altro ancora.

Il fiorario di Monteriggioni

Ciao Cristina, benvenuta su Parole a Colori. Iniziamo parlando di te: come ti descriveresti, usando solo poche parole?

Una buona compagna di vita per le persone che ne entrano a far parte.

Come nasce in te la passione per la scrittura?

Da assidua lettrice, ho sempre giocato con l’idea di diventare a mia volta un’autrice di storie. Il coraggio di farlo è arrivato però solo tre anni fa, quando ho saputo che avrei dovuto lasciare Firenze, dove abitavo da dieci anni. Ho pensato che sarebbe stato bello creare una trama mia ambientata in quei luoghi e ho capito che era arrivato il momento di scrivere davvero.

Prima di dedicarti alla scrittura hai avuto una vita che possiamo definire, senza esagerare, avventurosa. Ci racconti qualcosa della tua esperienza berlinese? Com’è essere una giovane italiana all’estero?

Sì, è vero, nella mia vita mi sono spostata molto. A dire il vero, in origine io volevo essere una quercia con le radici ben piantate a terra, invece il destino ha fatto di me un uccello migratore. Una delle tappe più significative è stata sicuramente Berlino. Ci sono arrivata subito dopo la laurea, in pieno fermento post-muro, e i dodici anni trascorsi in quella città sono stati ricchi di stimoli e gioia di vivere. Ho imparato a cavarmela da sola in tutte le situazioni e soprattutto a confrontarmi con culture diverse dalla mia. Importante è stata la professione di insegnante di italiano per stranieri, una delle esperienze più appaganti della mia vita. Berlino, per me, sarà sempre “casa” e continuo a ringraziarla per ciò che mi ha dato.

Il tuo romanzo d’esordio, “Il Fioraio di Monteriggioni”, è nato dopo il ritorno in Italia, quando ti sei stabilita al Sud. Avevi in mente questa storia già da tempo? Da cosa hai tratto ispirazione?

Come dicevo prima, dopo Berlino ho vissuto a Firenze e “Il Fioraio” è nato nei sei mesi precedenti al mio trasferimento a Lecce. Mi piaceva l’idea di creare una storia distante dal mio quotidiano, ma che contenesse i luoghi e i volti del mio mondo fiorentino. Da grande appassionata di gialli, ho cominciato allora a immaginare il ritrovamento del cadavere di una ragazza in un cassonetto nei pressi del Parco delle Cascine e da lì è partito il romanzo, con tutto il suo bagaglio di sentimenti e mistero.

Come descriveresti il romanzo al pubblico? Data la tua passione per i gialli, una storia di indagini e misteri da svelare era un po’ l’esordio inevitabile?

In effetti per me era chiaro che, se mai avessi scritto qualcosa, sarebbe stato un giallo. Nel mio libro sono rimasta fedele alle regole più classiche di questo genere e soprattutto ho cercato di condurre la storia in modo credibile. Gli elementi di base ci sono tutti: un delitto inspiegabile, una giovane vittima che nasconde molti segreti, una famiglia prestigiosa con un tragico passato in cui è coinvolto in prima persona anche l’arguto e ombroso PM Amedeo Cantini. Il libro però si spinge oltre la classica indagine e caccia dell’assassino: gli ingombranti sentimenti dei protagonisti, spesso traditi o deviati, segnano il passo della vicenda e guidano le domande del lettore, che rimane incerto fino alla fine sul colpevole e sul perché sia stato commesso il delitto. Proprio in quel “perché”, preparato dagli eventi, ma svelato solo nelle ultime pagine, si nasconde il senso profondo di tutta la storia.

Oggi capita sempre più spesso di leggere storie ambientate all’estero – New York, Parigi e Londra sono le mete più quotate. Per il tuo romanzo hai scelto invece di restare in Italia, nella provincia toscana. Vuoi spiegarci questa scelta?

Credo che molti autori scelgano un’ambientazione estera con la speranza che quel tocco di internazionalità tolga ai lettori un po’ di remore nell’acquistare e leggere il libro. Spesso, infatti, il pubblico parte prevenuto nei confronti degli autori emergenti, pubblicati da piccole case editrici, e una decisione di questo tipo può stimolare. Io però non avevo scelta, perché il mio libro voleva essere un piccolo tributo a una regione che amo, la Toscana.

Il Fioraio di Monteriggioni” è edito da Lettere Animate. Raccontaci il tuo avvicinamento al mondo dell’editoria: hai dovuto bussare a molte porte, prima di trovare l’occasione giusta per la pubblicazione? Oppure fai parte del gruppo di scrittori che hanno avuto fortuna al primo colpo?

Credo di aver fatto un po’ come tutti: una volta concluso il mio libro l’ho inviato a diverse case editrici, selezionate in base al mio genere. Ho contattato soggetti importanti e altri più piccoli, editori che offrivano una pubblicazione cartacea e altri solo digitale. Dopo sei mesi ho ricevuto l’offerta di Lettere Animate. Era molto chiara nei termini e la casa editrice mi è parsa affidabile, così ho accettato.

Hai preso in considerazione l’autopubblicazione, oppure avevi chiaro in mente il percorso che volevi seguisse il tuo libro?

Trovo l’autopubblicazione un’ottima opportunità, visto che molte case editrici pongono filtri spesso insormontabili per gli autori emergenti. Se non avessi ricevuto nessuna offerta, l’avrei tranquillamente presa in considerazione.

Se diciamo editoria a pagamento…

Dipende se offre o meno un’adeguata pubblicità e distribuzione, che sono i punti nodali per ogni pubblicazione cartacea. Capisco che la voglia di tenere la propria opera tra le mani sia grande ma, in mancanza di distribuzione, questa rimane l’unica soddisfazione che l’editoria a pagamento può offrire.

Come valuti, da autrice esordiente, il panorama editoriale italiano? Il pubblico dei lettori si proclama aperto, ma è davvero così? Non avere un nome famoso o un editore prestigioso da spendere sono ancora dei limiti?

Gli editori seguono i loro interessi commerciali e gli autori devono accettare che la buona scrittura non basta. Non credo che le case editrici boicottino gli emergenti per partito preso: se prevedono di vendere, emergente o meno, ti pubblicano. Per rientrare nel gruppo, devi però soddisfare alcuni criteri. Se non sei giovane, non hai una posizione lavorativa accattivante e non hai scritto una storia in linea con quello a cui il pubblico viene consapevolmente indirizzato, come emergente hai poche speranze. Il mercato è fatto di lettori più o meno indipendenti nelle loro scelte. Ci sono tanti appassionati che sanno riconoscere le buone storie al di là del nome e del marchio. Altri, invece, si lasciano coinvolgere dalle strategie editoriali e non arrivano nemmeno a prendere in considerazione ciò che viene proposto al di fuori dei canali tradizionali. Spesso vale ancora la convinzione che un autore edito da una casa conosciuta è bravo (cosa peraltro spesso vera), mentre chi pubblica con una piccola casa editrice o con il self è uno di poco valore a cui tutti hanno sbattuto la porta in faccia (anche questo, comunque, a volte vero). In ogni caso, credo che la mancanza di una distribuzione adeguata in libreria rimanga il problema più grande per chi non riesce ad avere alle spalle un editore medio-grande.

Al momento stai lavorando all’edizione cartacea del tuo romanzo. Com’è passare dall’ebook al libro di carta, tecnicamente parlando? Ci sono delle operazioni da fare, oppure si tratta soltanto di un’opera di revisione? E, per quanto il digitale oggi si stia iniziando a imporsi, per uno scrittore c’è ancora un legame speciale con il libro fisico? Insomma, vedere il tuo romanzo stampato che effetto ti fa?

La versione cartacea che uscirà intorno alla metà di settembre, come contenuto, è uguale all’ebook. Essendo venuta dopo, però, mi ha dato la possibilità di rivedere il testo dal punto di vista formale e di migliorare alcune imprecisioni. Tenere fisicamente tra le mani il mio libro so che sarà una grande emozione, ma questo non significherà, purtroppo, essere poi presente nelle librerie. Lettere Animate infatti è una casa editrice digitale e quindi anche il formato stampato sarà disponibile esclusivamente negli store online. Come potete immaginare, questo è un grande limite alla diffusione del romanzo, perché i lettori italiani sono ancora piuttosto dubbiosi e scettici, quando si parla di ebook. Sicuramente uno dei motivi è il fascino che esercita ancora la carta, ma la verità è che in molti non sanno proprio da dove cominciare (e non parlo solo dei più anziani). Il mercato online offre potenzialità di molto superiori a quello tradizionale, ma tante persone non hanno una connessione adeguata, non padroneggiano gli strumenti e diffidano dei nuovi metodi di pagamento. Io rimango fiduciosa, ma ammetto che c’è ancora molta strada da fare in questo campo.

Un romanzo completato e tanto lavoro per farlo conoscere. Oltre a questo hai già altri progetti in cantiere? Stai lavorando a qualcosa di nuovo?

La promozione del romanzo mi ha presa completamente e non sono riuscita ancora a concentrarmi su una nuova storia. Per promuovere è necessario padroneggiare dei canali che prima non consideravo, quindi ho dovuto adattarmi a situazioni completamente nuove. Da un po’ di giorni c’è però un’idea che mi viene a trovare sempre più spesso e mi auguro di poterle presto dare spazio nella mia mente.

Per finire, qual è il tuo sogno nel cassetto?

Andare avanti a scrivere storie che piacciano a un pubblico sempre più vasto e poter fare della scrittura la mia professione. So che è un sogno complicato, ma i sogni sono lì per essere realizzati.

Grazie per il tempo che mi avete dedicato.


Previous articleAl cinema: Città di carta
Next articleIl Northern Ballet porta 1984 di George Orwell in scena
Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here