Intervista a Giorgio Marchesi, uno dei protagonisti della serie “L’allieva 2”

Con Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale forma un triangolo che ha appassionato il pubblico

Foto di P. Bruni

Il pubblico italiano ha già avuto modo di apprezzarlo in passato per i ruoli nelle serie “Un Medico in Famiglia”, “Il bene e il male”, “La strada dritta” e “Braccialetti Rossi”, ma con il ruolo di Sergio Einardi, il PM de “L’Allieva 2”, Giorgio Marchesi è riuscito a entrare ancora di più nei cuori degli italiani.

Originario di Bergamo ma cresciuto professionalmente a Roma, Marchesi è un attore poliedrico che spazia tra cinema (ACAB – All cops are bastards, Romanzo di una strage), televisione e teatro, arricchendo il suo bagaglio artistico con personaggi sempre diversi.

Il 2019 sarà per lui un anno di grandi impegni, tra la partecipazione al film di Marco Risi “L’Aquila – Grandi speranze”, le riprese della terza stagione de “I Medici”, il ruolo da protagonista nell’adattamento teatrale di Francesco Giuffrè de “Le notti bianche” di Dostojevski.

Ma tornando per un attimo al presente, Giorgio Marchesi alias Sergio Einardi si è inserito nel rapporto tra Alice Allevi (Mastronardi) e Claudi Conforti (Guanciale) con grande abilità, riuscendo a ritagliarsi uno spazio in una storia già ben avviata e a non risultare il classico antagonista poco simpatico.

Di questo e molto altro abbiamo parlato proprio con lui, Giorgio Marchesi, in un’intervista lampo Londra-Roma.

Foto di P. Bruni

Innanzitutto grazie di essere qui con noi. Volevo cominciare con una domanda che riguarda l’Allieva. Il tuo personaggio, Sergio Einardi, arriva nella seconda stagione di questa fortunatissima serie. È stato difficile per te inserirti in questo progetto?

Inserirmi nel progetto non è stato facile, tutti eravamo presi dal cambio di regia, anche con gli altri attori non c’è stato tempo di prepararci prima e ci siamo trovati direttamente sul set. Quindi, capire la temperatura della serie non è stato semplice. Poi, entrare in un gruppo che è già formato, che conosce già i propri personaggi, è sempre una sfida, però io per fortuna conoscevo già Lino e Alessandra e questa cosa mi ha aiutato.

E quali sono state le sfide principali?

Le sfide sono state tantissime, però la sfida più grande per me è stata quella di non essere semplicemente antipatico. Sono entrato in una serie di successo con un personaggio che fondamentalmente si mette in mezzo a una delle coppie più amata della televisione italiana e questo, ovviamente, andava fatto con una certa attenzione. Nel senso che il mio ruolo di antagonista doveva rimanere d’antagonista, però la sfida era propria quella di non rendere il personaggio antipatico e basta. Poi, c’è stato anche bisogno di capire che spazio avesse questo PM nelle indagini, ma per fortuna c’è stata anche la possibilità di parlare del personaggio con gli autori in fase di stesura.

Parlando del tuo rapporto con Lino Guanciale e Alessandra Mastronardi, come ti sei trovato con loro sul set? E come siete riusciti a creare quella bella sinergia che si vede nella serie?

La risposta alla tua domanda sta nella domanda stessa, cioè se tanti dicono che si vede questa sinergia vuol dire che innanzitutto ci siamo riusciti a crearla. Nonostante mi sarebbe piaciuto avere l’opportunità di vederci di più prima di girare, trovandomi a lavorare con un bravo attore e una brava attrice come Lino Guanciale e Alessandra Mastronardi è stato tutto più facile, perché a volte uno potrebbe fare anche un mese di prova con gli altri attori ma fare fatica lo stesso alla fine. Invece con loro, anche se ci siamo visti poco, sono talmente bravi tutti e due che recitare è diventato molto più facile.

Hai spesso dichiarato che scegli i personaggi da interpretare in base alla loro capacità di motivarti come attore. Cosa ti ha colpito di Sergio, tanto da spingerti a credere nel progetto?

A me piace prima di tutto cambiare. Il pubblico ministero io non l’avevo mai fatto e quindi entrare nella testa di un personaggio che sta cercando una soluzione a un caso, che lo segue, e che deve incolpare altre persone, prendendosi anche il rischio di sbagliare, è un aspetto che mi ha molto interessato. Poi c’era la scommessa, come ho detto prima, di dare a un personaggio molto negativo una sua umanità. A me non piacciono né i personaggi tutti positivi né quelli tutti negativi, mi piace dare colore e sfumature. Mi ha stupito, anzi mi ha stupito abbastanza, vedere che nei sondaggi il mio personaggio non è così odiato come immaginavo che avrebbe potuto essere. Credo che il pubblico abbia visto che Sergio non è soltanto uno stronzo, non so come dirlo in altri termini.

Tv a parte, nel 2018 sei stato molto impegnato anche in teatro. Come ti trovi a muoverti tra i due piani? E c’è un “palcoscenico” su cui ti senti più a tuo agio?

Il ritorno a teatro è il ritorno a un grande amore, fare teatro è una cosa che uno non vorrebbe mai smettere di fare perché è sempre formativo e sempre importante. Il teatro ti permette di concentrarti in un modo diverso. Non ho una preferenza, tutti i progetti teatrali o audiovisivi dipendono da una quantità di fattori veramente incredibile, tra cui la storia, il cast, la regia, il costume. Per esempio, Einardi è un personaggio indovinato anche da un punto di vista delle scelte di costume e del trucco. Il lavoro di tutti è importante, per cui sentirsi a proprio agio non dipende tanto dal contenitore quanto dalla validità del progetto e di quello che accade mentre ci lavori. Magari qualcosa parte con poco entusiasmo ma poi il lavoro di tutti contribuisce a farla diventare una cosa bellissima. E questo è quello che amo di questo lavoro, non è matematico il risultato!

Da attore che ama spaziare tra cinema, teatro e serie tv, qual è secondo te la ragione per cui oggi il pubblico sembra preferire queste ultime o le piattaforme come Netflix a uno spettacolo o a un film in sala?

Guarda io di risposte ne ho varie. Quella che mi viene in mente in questo momento è che la gente, innanzitutto, non è più abituata ad uscire di casa e a prendersi un rischio. Una volta uscivi e ti guardavi lo spettacolo, che poteva essere bello oppure no, ma non ti succedeva nulla. Invece adesso la paura di vedere qualcosa che non è all’altezza, ci frena e ci priva di emozioni improvvise che spesso provavi nel vedere uno spettacolo e di cui ti ricordavi tutta la vita. Poi, la facilità di Netflix è la vittoria di questa piattaforma sul cinema. La serialità americana ha prodotti importanti, come Breaking Bad, che sono abbastanza scioccanti dal punto di vista di come raccontare le storie e a cui la TV italiana si sta adeguando. La somministrazione lenta e costante di qualcosa è una cosa che in un certo senso c’è sempre stato, anche nella letteratura. La serialità, per esempio, ha sostituito i feuilleton francesi, quindi è una cosa che c’era già anche prima. Oggi, leggendo molto meno, le serie TV sopperiscono a questa necessità. Io però, nonostante faccia la televisione e nonostante mi piacciano alcune serie, resto dell’idea che uno debba andare a cercarsele le cose, dal punto di vista musicale, teatrale, cinematografico. Altrimenti si è sempre lì a prendere da mangiare come i polli.

Foto di P. Bruni

Parlando un attimo della tua carriera in generale: c’è un personaggio tra quelli che hai interpretato a cui ti senti più legato? Oppure tutti i tuoi ruoli sono stati e sono a loro modo importanti?

Sono tutti importanti in modo diverso. Il personaggio a cui forse voglio più bene, ma più che altro perché fa parte di quelli meno visti e conosciuti, è quello di Giovanni Nigro, ne La Strada Dritta, un ingegnerie che costruisce l’Autostrada del Sole. Era secondo me un personaggio bellissimo, a cui mi sono molto affezionato e che mi è piaciuto molto interpretare, ma che forse è meno ricordato perché la serie è stata breve, due puntate, e di solito ci si affeziona di più ai personaggi di serie più lunghe, che sono viste di più.

Prima di salutarci: ci sono dei progetti in particolare a cui ti piacerebbe partecipare o registi con cui vorresti lavorare in futuro?

Sicuramente ci sono dei progetti che mi piacerebbe fare, per esempio mi interesserebbe lavorare con Garrone, che tra poco comincerà a girare “Pinocchio”. Poi ci sono ancora i grandi maestri, come Marco Tullio Giordana, che ho conosciuto, Bellocchio, Moretti. Sicuramente un passaggio al cinema mi farebbe piacere, così come a teatro mi piacerebbe lavorare con alcuni registi. È vero che in questo lavoro devi provarci per ottenere certi ruoli, però è vero anche che le cose arrivano se devono arrivare. Io non sono mai stato bravo a programmare il futuro, ragiono più sul breve termine, per esempio ora devo partire per le prove!

Allora ti lasciamo andare! Grazie mille per il tuo tempo e per la tua disponibilità.

Grazie a te!

 

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Federica Gamberini
Bolognese di nascita, cittadina del mondo per scelta, rifugge la sedentarietà muovendosi tra l’Inghilterra (dove vive e studia da anni), la Cina, l’Italia e altre nazioni europee. Amante della lasagna bolognese, si oppone fermamente alla visione progressista che ne ha la signorina Lotti, che vorrebbe l’aggiunta della mozzarella. Appassionata di storie, nel tempo libero ama leggere, scrivere, guardare serie TV e film, e partecipare a quanti più eventi culturali possibile.

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