Intervista a Tomm Moore e Ross Stewart, registi di “Wolfwalkers”

Il folklore irlandese al servizio di una storia universale. Gli insegnamenti per grandi e piccini

In un festival che guardava a “Soul” come all’evento “animato” da coprire a tutti costi, dal mondo dell’animazione indipendente arriva ancora una volta una vera chicca, che sono certa emozionerà sia grandi che piccini.

Dopo “I segreti di Kells” e “La canzone del mare”, lo studio d’animazione irlandese Comic Saloon presente al London Film Festival il suo ultimo lavoro, “Wolfwalkers”, capitolo finale della trilogia sul folklore irlandese (qui la recensione).

La storia è una grande avventura di amicizia e di lealtà, che avvolge il pubblico in un metaforico abbraccio nel tentativo di ricordare a tutti che la realtà è fatta di tanti punti di vista e che, spesso, le barriere che la società costruisce possono essere superate se si è rispettosi degli altri e del nostro pianeta.

Mentre ripenso al film e preparo l’intervista, sento che è un peccato non poter incontrare i registi, Tomm Moore e Ross Stewart, di persona. Ma, nell’anno degli Afternoon Tea su Zoom, sono lieta che il mezzo digitale mi fornisca un mezzo per approfondire comunque alcuni aspetti di una storia che respira già aria di Oscar.

Qualche minuto di ritardo, in pieno stile London Film Festival 2020, e la mia intervista può cominciare.

 

Ciao Tomm e Ross, benvenuti su Parole a Colori.

Ciao Federica, grazie

Vorrei cominciare parlando un po’ della storia. “Wolfwalkers” è il terzo film della trilogia sul folklore irlandese. Come mai avete selezionato proprio questa storia per chiudere il ciclo?

Tomm: Navigare il folklore irlandese è un po’ come andare a fare un giro per negozi, c’è veramente tanto materiale tra cui scegliere, ma in questo caso sapevamo già di voler parlare dell’estinzione di varie specie animali e del rapporto tra l’uomo e la natura. Nelle nostre ricerche, ci siamo accorti che questo tema era già presente nella storia irlandese, per esempio nelle storie dei licantropi di Ossory ma anche nel processo che ha portato all’estinzione dei lupi in Irlanda. Dopo aver visto il documentario “the wolvesland”, ci siamo resi conto che l’Irlanda era una volta una terra piena di lupi che poi sono stati decimati ed è stato interessante pensare che, prima di quel momento, l’uomo aveva invece una forte connessione con questi animali. Per cui, l’elemento folkloristico ha dato vita a una riflessione su come si è passati da una situazione all’altra.

Il film è ricco di personaggi molto belli e io di certo ho i miei preferiti, però, mi chiedevo, qual è il personaggio a cui voi siete più legati?

Ross: Per me è Meth, perché è così caotica e ha questa natura selvaggia, con una personalità arricchita da questi aspetti “canini” che prende dal crescere con un branco di lupi e fare parte del branco stesso. Sono tutti elementi che la rendono un personaggio davvero divertente.

Tomm: Per me è Robyn, perché a un certo punto della lavorazione, quando ci siamo resi conto che doveva essere una bambina, ho cominciato a immaginare mia moglie come una bambina, perché è una persona molto determinata ma anche molto leale, e quindi ho cominciato a mettere molta della sua personalità dentro Robyn e, per questo, il personaggio ha preso un posto speciale nel mio cuore.

Il film è caratterizzato da uno stile tutto suo e molto particolare. Come descrivereste il vostro stile a uno spettatore che ancora non vi conosce?

Ross: Cartoon Saloon, la nostra casa d’animazione, si distingue per il suo approccio tradizionale, con i disegni fatti a mano. Molti degli artisti che hanno lavorato in questo film erano originariamente incisori, illustratori, disegnatori di schizzi, pittori, abituati a lavorare con metodi tradizionali. Anche gli animatori che hanno lavorato su “Wolfwalkers” vengono dall’illustrazione tradizionale. Per cui, si può dire che il film ha dato a tutti una possibilità di portare il loro lavoro tradizionale dentro al film.

E quali elementi pensate siano importanti per creare un film d’animazione che riesca a comunicare qualcosa al pubblico?

Tomm: Penso che la cosa più importante sia usare l’elemento visivo per raccontare la storia o lo sviluppo di un personaggio, senza lasciarsi distrarre dall’aspetto visivo di per sé. Il punto è usare gli elementi a tua disposizione per aiutare lo spettatore a entrare dentro il viaggio emotivo del personaggio. L’animazione è uno strumento potente ma, se ti lasci sopraffare dalle tecniche d’animazione, il rischio è di passare il tempo a fare giochi pirotecnici perdendo lo spettatore; per cui devi saperti dosare bene e tener sotto controllo tutti gli strumenti a tua disposizione.

Parlando appunto di spettatori, il cartone è ricco di temi vicini ai bambini e a quello che è il loro mondo, per cui mi chiedevo cosa sperate che i vostri piccoli spettatori portino con loro dal vostro film?

Tomm: Be’, spero che capiscano di potersi fidare degli altri, di poter vedere le cose anche dal punto di vista di qualcuno che ha un background diverso. Spero che capiscano che la cosa migliore è non avere un unico punto di vista sul mondo ma tanti. Questa credo che sia la speranza per le generazioni future, di andare oltre i limiti dei propri genitori.

E, invece, per quanto riguarda uno spettatore più adulto? Cosa sperate che capisca?

Ross: Così come i bambini si possono identificare in Meth e Robyn, speriamo che anche gli adulti lo facciano, che imparino che dovrebbero vivere le loro vite nella consapevolezza che a nessuno piace sentirsi dire cosa si deve fare o ricevere ordini. Magari è tempo che le persone rompano la loro routine e prendano in mano la propria vita, anche se significa andare a vivere in una foresta a costruire una casa sull’albero.

O vivere in un branco di lupi!

Ross: Se fa per te, fallo!

Siamo giunti alla mia ultima domanda. In che modo pensate che i vostri film d’animazione possano connettere spettatori da ogni parte del mondo con la cultura folkloristica irlandese?

Tomm: L’animazione è un linguaggio universale e genuino. Per esempio, io amo guardare i film di Hayao Miazaki. Nelle storie che racconta lui riesce sempre a portare qualcosa della cultura giapponese e così facendo non solo ti fa conoscere meglio quella cultura ma anche la tua. Anche in un film che parla di qualcosa di diverso da noi si possono trovare somiglianze con la nostra realtà e così facendo apprezzarla anche da un altro punto di vista.

Ross: Anche se queste leggende che raccontiamo fanno parte della trilogia irlandese, la storia è universale e permette a chiunque, in ogni paese, di capirla e di identificarsi con i personaggi. Perch dopo tutto siamo tutti umani.

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Federica Gamberini
Bolognese di nascita, cittadina del mondo per scelta, rifugge la sedentarietà muovendosi tra l’Inghilterra (dove vive e studia da anni), la Cina, l’Italia e altre nazioni europee. Amante della lasagna bolognese, si oppone fermamente alla visione progressista che ne ha la signorina Lotti, che vorrebbe l’aggiunta della mozzarella. Appassionata di storie, nel tempo libero ama leggere, scrivere, guardare serie TV e film, e partecipare a quanti più eventi culturali possibile.

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