Intervista alla scrittrice Roberta Balestrucci Fancellu

Sinnos pubblica il suo nuovo libro per ragazzi, illustrato da Luogo Comune, "Annie. Il vento in tasca"

Classe 1983, sarda di Macomer, dove vive e lavora, Roberta Balestrucci Fancellu è una di quelle narratrici per bambini e ragazzi che nascono, prima, come appassionate di letteratura.

Ad avvicinarla a Sinnos, editore del suo ultimo libro Annie. Il vento in tasca, una graphic novel che racconta il giro intorno al mondo di Annie “Londonderry” sul finire dell’Ottocento, oltre alla passione per le storie di grandi donne del passato anche il forte impegno civile.

Nella nostra intervista abbiamo parlato con Roberta Balestrucci Fancellu del suo libro e della sua straordinaria protagonista, ma anche del lavoro in tandem con l’illustratore Luogo Comune, della prossima partecipazione alla Bologna Children’s Book Fair e di molto altro.

 

Ciao Roberta, benvenuta. “Annie. Il vento in tasca” racconta la storia di Annie Kopchovsky, la prima donna a compiere il giro del mondo in bicicletta. Come sei entrata in contatto con questo personaggio? E cosa ti ha fatto pensare che fosse perfetto, per diventare protagonista di un libro per ragazzi?

Grazie a voi! Il mio incontro con Annie è avvenuto per caso, ma se ci penso ancora mi emoziono. Era una mattina d’agosto, ero appena rientrata dalle ferie, e avevo deciso di fare un giro sulla mia bicicletta nuova e andare a salutare le libraie del mio paese. È lì che mi sono trovata di fronte il volto di quella ragazza accanto alla sua bicicletta… e ho capito che dovevo assolutamente leggere la sua storia! È bastato aprire il libro che avevo tra le mani, leggere lo strillo di uno dei giornali dell’epoca riportato nel testo, per pensare che quella storia avrebbe dovuto incontrare più persone possibili, più giovani possibili. La forza di volontà, la grinta di una ragazza, la voglia e il bisogno di conoscere e scoprire un mondo che ci appartiene mi sembrava un buon incoraggiamento per i ragazzi in generale. Poche ore dopo ero lì che facevo le mie ricerche, mi appassionavo a quella ragazza sulla bicicletta, e il resto… be’, ora potete leggerlo.

Il libro si inserisce nella collana Sinnos che racconta personaggi femminili che hanno accolto e affrontato sfide importanti. Quando ti è stato proposto di farne parte, hai subito pensato che fosse la collocazione adatta per la tua storia?

Assolutamente sì, in realtà quando mi è stata proposta quella collana mi sono emozionata parecchio. Già esser scelta dalla Sinnos per me è stato davvero un onore, essere poi inserita in una rosa di autrici per me importanti mi ha fatto tremare. Insomma, raccontavo la sfida di una giovane ventitreenne che inseguiva un sogno, e contemporaneamente il mio si stava realizzando. Inserire Annie in quella collana le permetterà di far emergere la sua grinta, la sua passione, e soprattutto la determinazione a non mollare mai quando si ha un sogno.

Nata a Riga, in Lettonia, nel 1870, Annie emigrò negli Stati Uniti a 9 anni. A ventitré anni, con un marito e tre figli piccoli a casa, decise di partire per tentare la sua impresa, del tutto incredibile per una ragazza di fine Ottocento. Prima di tutto ti chiedo, quanto è stato complicato trovare informazioni su Annie e quanto ti ha impegnato il lavoro di ricerca e di preparazione, prima della scrittura vera e propria?

Prima di arrivare alla scrittura vera e propria ci sono voluti ben due anni, durante i quali Annie ha subito diverse “trasformazioni”. C’è stato un periodo in cui giravo sempre con un taccuino in tasca per dar vita e respiro a ogni notizia. Ho visitato diverse sinagoghe e cimiteri ebraici – ricordo che Annie era ebrea -, mi sono documentata sugli usi e costumi di questa religione e in generale di quel periodo. È stato un lavoro davvero affascinante, ma allo stesso tempo faticoso. Mi sono trovata a gironzolare per Riga e a immaginare la piccola Annie andare di corsa tra le strade di quella meravigliosa città. Ho stampato e appuntato ogni notizia che ho trovato, perché tutto doveva combaciare alla perfezione. Da un certo punto di vista è stato divertente leggere come l’emancipazione femminile fosse temuta.

In questa missione che possiamo definire “da storica” hai scoperto anche elementi inaspettati della biografia di Annie e del suo viaggio intorno al mondo? C’è qualcosa in particolare che ti è rimasto impresso e che porti con te ancora oggi?

Come dicevo prima, la cosa che mi ha molto colpita è stato il modo in cui è stata trattata in America. Tutti tendiamo a considerare gli Stati Uniti come un Paese libero, evoluto, in cui se hai un sogno lo puoi realizzare, non importano il sesso, il ceto sociale, la religione. Ecco, mentre cercavo notizie su Annie sono rimasta sbalordita da come le donne – non gli uomini, attenzione! – la giudicassero perché portava fasce e toppe per reclamizzare prodotti e perché vendeva le sue foto autografate per guadagnare i soldi necessari per portare avanti il suo viaggio. Le donne si scandalizzavano per il suo abbigliamento e per il mezzo di trasporto con il quale si spostava. In America veniva giudicata per la sua voglia di indipendenza e per la sua passione per la bicicletta. E mi ha fatto sorridere pensare alle donne impegnate per l’emancipazione che allo stesso tempo la temevano o faticavano a riconoscerla come una di loro. C’è stato però un momento in cui ho sorriso, in cui mi sono sentita leggera, ovvero quando Annie arriva finalmente a Parigi e vede che le donne usano la bicicletta come mezzo di trasporto in tutta normalità. Ecco, lì mi sono sentita libera, non so come spiegarti, quasi come se un peso mi si fosse sciolto dal petto. E tutt’ora mi chiedo se anche Annie ha provato le stesse emozioni. Poi ce ne sarebbero tante altre, ma rischierei di rovinarvi la sorpresa e la lettura del libro.

Per una ragazza di fine Ottocento, lo abbiamo premesso, lasciare la famiglia e partire per un’impresa del genere era impensabile. Quali furono le razioni della società contemporanea di Annie? Immagino che in molti cercarono di scoraggiarla…

Come ho detto, le donne inizialmente storsero il naso davanti al suo viaggio, ma non furono le sole – né il marito Max né il fratello, ad esempio, accompagnarono Annie alla partenza. Poi però cambiò qualcosa, e credo questo dipese anche dal suo mettersi in gioco come inviata speciale, come reporter di se stessa. Credo che questa donna abbia davvero segnato un cambiamento epocale, col suo viaggiare da sola in sella a una bicicletta e inseguire il proprio sogno.

Passando dal passato al presente, cosa pensi che possa insegnare, alle ragazze e alla donne di oggi, la storia di Annie? Prima di tutto a credere nei propri sogni e non farsi tarpare le ali, per quanto sembrino difficili da realizzare?

Sì, mi auguro che questo libro parli a ragazze e ragazzi allo stesso modo. I sogni sono importanti per tutti, quindi credo che sia fondamentale non fermarsi a pensare di che sesso sei per poterli inseguire. Non importa quanto ci impiegherai, l’importante è non fermarsi. Io mi auguro che questo messaggio arrivi ai ragazzi e anche agli adulti che vorranno perdersi nella storia di Annie. Credo sia importante coltivare l’autostima dei nostri giovani, perché sono loro ad avere in mano la loro vita e non devono aver paura di viverla e di portare avanti le loro sfide.

Oggi le “storie di donne” sono diventate un genere di successo, declinato per un pubblico di tutte le età ma soprattutto per bambini e ragazzi – penso, ad esempio, al successo internazionale delle “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di Francesca Cavallo ed Elena Favilli. Ti aspettavi questa esplosione e questo successo?

Il lavoro della Cavallo e della Favilli mi ha incuriosito molto. Hanno avuto il merito di riportare in auge storie che in molti ignoravamo, che avevamo dimenticato o perso per strada – qualcuna che già con “Cattive ragazze” avevamo riscoperto sotto forma di fumetto. Credo che le storie non manchino, che siano necessarie, e che sia importante raccontarle nel modo giusto, insegnando ai ragazzi che se noi abbiamo dei diritti lo dobbiamo a chi prima di noi ha inseguito con coraggio i proprio sogni, a chi non ha avuto paura di dire di no. Con la collaborazione e la tenacia si possono raggiungere risultati inaspettati.

Personalmente trovo sorprendente la quantità di personaggi femminili incredibili ma spesso del tutto dimenticati che emergono da queste storie. Pensi che la società sia pronta per dare loro lo spazio e il riconoscimento che meritano? Insomma, in futuro ne leggeremo finalmente le imprese anche sui libri di scuola, come succede con quelle dei “colleghi” uomini?

Ma spero di sì, anche perché già mi sembra che i ragazzi e i bambini parlino molto di più delle imprese al femminile rispetto agli anni in cui ero piccola io, anche se le ribelli non mancavano nemmeno allora! Credo che il compito sia nostro, comunque: sta a noi adulti far scoprire ai piccoli e sottolineare il fatto che non ci sono differenze tra i successi di un uomo e quelli di una donna. Se si ha un sogno o un obiettivo bisogna rimboccarsi le maniche e inseguirlo.

A metà tra albo illustrato e fumetto, “Annie. Il vento in tasca” può contare, oltre che sulle tue parole, sulle belle tavole di Luogo Comune. Com’è stato lavorare con lui? Vi siete subito trovati sulla stessa lunghezza d’onda?

Lavorare con lui è stato strepitoso! Io ero curiosissima, non vedevo l’ora di vedere il suo lavoro. Mi chiedevo se il testo sarebbe stato all’altezza delle sue illustrazioni, e insomma quando ho visto le tavole non potevo crederci. Luogo Comune ha reso vivo il testo, ha dato un respiro ai personaggi, ai luoghi, alla storia proprio come li avevo immaginati durante la scrittura. Direi che è stato davvero un ottimo compagno di viaggio.

A inizio aprile, insieme a Sinnos, porterai Annie alla Bologna Children’s Book Fair. Emozionata? E cosa ti aspetti da questa esperienza?

Sono emozionata, ma soprattutto grata, è un sogno che si avvera. Ho lavorato con persone meravigliose che hanno accolto, accudito e coccolato non solo me, ma anche Annie e che ci hanno portato avanti sostenendoci passo dopo passo, o meglio pedalata dopo pedalata. Inoltre non solo saremo alla fiera, ma il 3 aprile alle 20.45 saremo ospiti della libreria per ragazzi che da sempre cattura la mia attenzione e il mio cuore quando sono a Bologna, la Giannino Stoppani, e lì saranno esposte anche le tavole originali di Luogo Comune. Insieme toglieremo le rotelle alla nostra ragazza. È arrivata fino a qui insieme a noi, ora è tempo che pedali da sola, e segua il vento che ha conservato nelle tasche fino a oggi.

Dopo questo progetto così bello, stai già lavorando a qualcosa di nuovo? Pensi di continuare con i libri per ragazzi, e magari con le storie di grandi donne del passato (genere non nuovo per te), oppure hai in mente qualcosa di diverso?

Sì, mi piacerebbe continuare con i libri per ragazzi. Come mi ha insegnato Patrizia Rinaldi, scrittrice che stimo tantissimo e che ho la fortuna di conoscere e poter abbracciare quando si presenta l’occasione, noi adulti abbiamo un dovere verso i ragazzi, non possiamo raccontar loro bugie, ma dobbiamo raccontare le storie così come sono per aiutarli a diventare adulti consapevoli e responsabili. Perciò, quale miglior modo se non scrivere e impegnarsi a farlo nel modo migliore? Spero di riuscire a raggiungere questo obiettivo anche con i prossimi progetti ai quali sto lavorando al momento, tra cui “Perfide” che uscirà a fine aprile per la Hop Edizioni. Già perché le donne non sono solo delle sognatrici, ma in molti casi hanno davvero cambiato il corso della Storia. E poi… si vedrà!

Grazie a Roberta Balestrucci Fancellu per essere stata con noi.

 

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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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